Sanità in Campania, ritardi per le liste di attesa

NAPOLI – Fra un proclama e l’altro, i tempi di attesa per le prestazioni sanitarie in Campania restano biblici. La giunta della Campania ha deciso di “stanziare 22 milioni di euro di fondi residui del bilancio regionale per l’abbattimento delle liste d’attesa. Sono ulteriori 22 milioni che servono per dare incentivi alle Asl e mettere in campo progetti specifici per ridurre i tempi di attesa. Questi fondi servono anche per integrare i tetti di spesa, vale a dire le risorse destinate alle strutture private convenzionate”. Ad annunciarlo in questi giorni il presidente della Regione Vincenzo De Luca.

I tetti di spesa del privato accreditato, sottolinea De Luca, “sono fissati dal ministero della Salute non dalla Regione Campania. Noi oggi abbiamo tetti di spesa arretrati, vecchi di 11 anni. Paghiamo ai laboratori il prezzo di 11 anni fa. Vediamo se il governo decide di aumentare i tetti di spesa. Nel frattempo, con questi 22 milioni diamo respiro alle Asl”, conclude il presidente.
Intanto, però, per una risonanza all’addome, nota Antonio Eliseo, responsabile regionale del sindacato sanitario Nursind, il tempo di attesa si aggira sui 9 mesi, sia nel Napoletano che nel Casertano. Drammatica è poi la situazione dei pazienti oncologici, che “continuano a doversi rivolgere al privato accreditato per accelerare l’iter delle prestazioni, che nel pubblico può durare circa 6 mesi”.
“Una gastroscopia o una colonscopia nelle strutture dell’Asl di Caserta – nota da parte sua il segretario regionale della Cisl Fp Lorenzo Medici – richiedono 6-8 mesi”.

Secondo Eliseo “fa piacere che si siano trovati dei fondi regionali da indirizzare all’abbattimento delle liste di attesa, ma non vorremmo che in questi 22 milioni fossero compresi i 9 milioni per le prestazioni aggiuntive degli hub vaccinali, che i lavoratori aspettano ancora”. Va poi fatta “chiarezza sui rapporti fra medicina privata e sanità pubblica: solo il 27% dei posti di pronto soccorso è gestito dagli operatori privati, il resto sono strutture sanitarie pubbliche e questo spiega anche le attese lunghe, l’affollamento, i pazienti sulle barelle che si vedono negli ospedali. Ci auguriamo che si apra un tavolo di confronto con le parti sociali e ci si confronti sulla sanità campana: le risposte chiare continuano a non arrivare. Intanto manca una medicina del territorio funzionante e restano inutilizzati fondi per decine di milioni per l’acquisto di apparecchiature come Tac e Pet. L’azienda ospedaliera di Caserta fra poco avrà una risonanza, ma c’è voluto del tempo”.

“Quando l’attesa per un intervento supera un anno, come accade per l’Urologia – aggiunge Medici della Cisl – i pazienti sono spinti a rivolgersi ad altre regioni. Peraltro, queste amministrazioni hanno interesse a ricevere pazienti da altri territori: sono soldi cash. La Campania finora ha speso meno del 50% di quanto stanziato dal Governo per abbattere le liste di attesa e bisogna verificare se parte dei finanziamenti non sia stata destinata ad altre attività. Ben vengano i 22 milioni, ma è una goccia che non toglie la sete: mancano gli operatori. La Regione ha deciso che bisogna coinvolgere le strutture private per ridurre i tempi, ma c’è un’incapacità operativa del pubblico o piuttosto si preferisce finanziare i privati? E se è così, con quali obblighi e penalità? I cittadini hanno il diritto di saperlo”.

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