Sanità in carcere, le buone prassi non bastano

Sono stato un grande sostenitore nel 2008 della riforma della sanità penitenziaria che ha riportato il tema della salute nelle competenze delle sole Aziende sanitarie locali affermando così un principio fondamentale. Il diritto alla cura e alla salute è unico per la persona libera come per la persona priva di libertà.

Lo scenario

Come “Garante campano delle persone private della libertà personale” sono consapevole che il tema della sanità in carcere presenti notevoli difficoltà operative, gestionali e richiede una più ampia cooperazione istituzionale tra Asl e Amministrazione penitenziaria. In alcuni casi ho assistito ad un rimpallarsi di responsabilità che offende le istituzioni e chi le rappresenta. Certo, la sanità campana sulle carceri ha posto molte criticità ma anche una buona prassi ed esperienze significative.
Solo a Poggioreale e Secondigliano vi è la presenza di centri clinici, oggi chiamati Sai (padiglione o reparto dove vi è un’intensità di cura maggiore), ma non è un vero reparto ospedaliero.

La situazione a Poggioreale

A Poggioreale vi è un ottimo impianto di Radiologia, di recente acquisto, utilizzabile anche dai detenuti delle carceri limitrofe, ma non vi sono dei macchinari utili e necessari per effettuare in sede una Tac o una risonanza magnetica. Una possibile soluzione che rappresenterebbe un altro buon esempio di buone prassi in sanità penitenziaria sarebbe l’acquisto di una “tac mobile” che possa essere trasportata nei diversi istituti. I posti letto negli ospedali da destinare alla popolazione ristretta devono aumentare, ce ne sono solo 36 per una popolazione di 7400 detenuti. Non si ricoverano in altri ospedali perché non ritenuti idonei alla sicurezza. Un’altra osservazione riguarda i turn-over nei centri clinici. Sono lenti perché i detenuti che sono lì presenti restano il più a lungo possibile. Non parliamo del tema dei farmaci o della loro mancanza. L’assistenza dietetica risulta abbastanza approssimativa.

Le visite specialistiche

Un’altra criticità riguarda il trasferimento dalla carceri per visite specialistiche, lente nei tempi sia per le lunghe attese ospedaliere che per la carenza di personale adibito a poter controllare il detenuto durante la visita. La stessa non stabilizzazione degli operatori penitenziari dell’ambito sanitario impedisce di intervenire bene e con continuità. La cartella sanitaria informatica, la telemedicina devono entrare con forza nei piani regionali di settore. Un’altra criticità che si individua a livello regionale è strettamente collegata alla precedente. Concerne la mancanza di una sistematica attività di monitoraggio epidemiologico volta a definire in termini di evidenza scientifica l’entità, la natura e le tendenze evolutive della domanda di salute espressa dalla popolazione dei detenuti.

Il personale

Il personale sanitario (medici, psicologi, infermieri, ecc.) opera da anni nel carcere con rarissime e sporadiche attività di aggiornamento o di valutazione del lavoro svolto. E’ pertanto naturale che vengano segnalati frequentemente episodi di cattive pratiche dipendenti probabilmente dal burn out. Un fenomeno che notoriamente riguarda il personale di assistenza alla persona operante in condizioni particolarmente critiche. Reparti di rianimazione,centri clinici, tossicodipendenti, reparti psichiatrici, e così via. Salute e magistratura di sorveglianza è un altro capitolo dolente per tempi e modalità di decisioni.

Samuele Ciambriello, Garante campano delle persone private della libertà personale

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