Sea Watch, l’Ong: “Carola ha fatto il suo dovere. Aveva la responsabilità dei naufraghi”

La portavoce dell'Organizzazione non governativa si schiera a favore della comandante dell'imbarcazione

LAPRESSE / AFP

MILANO “Carola ha fatto il proprio dovere, il suo è un atto di responsabilità che purtroppo non doveva avvenire in questa modalità ma non c’è stata scelta. Nessuno l’ha aiutata e si è dovuta aiutare da sola. Nonostante non si sentisse di farlo e infatti ha chiesto scusa alla guardia di finanza perchè ha apprezzato il contatto degli ultimi giorni e ci aveva riposto delle speranze. E’ rimasta tuttavia a bordo con la notifica di un’indagine per favoreggiamento e nessuna idea di quando la situazione si sarebbe sbloccata”. Così in un video Giorgia Linardi, portavoce dell’Ong (Organizzazione non governativa) Sea Watch.

La scelta della comandante Rackete

“Carola – aggiunge – non era in grado di trascorrere un’altra notte a bordo con il peso addosso della responsabilità dei naufraghi che minacciavano atti di autolesionisti e suicidio. E l’equipaggio costretto a fare i doppi turno di guardia per potere tutelare queste persone”.

L’ong difende Carola

“La Sea Watch – continua – è un esempio di grandissima umanità da cui dovremmo imparare tutti, soprattutto in questo paese che si sta imbarbarendo. Quello che c’era a bordo della Sea Watch era un clima di rispetto, di pazienza, di resilienza e questi valori sono stati evidenti ieri nel contrasto tra un molo che gridava, attaccava e una nave che con un manovra risoluta, per quanto pericolosa, si è avvicinata alla banchina e silenziosamente ha semplicemente cercato di far sì che si potesse procedere con quello che bisognava fare da giorni. Non si doveva arrivare a questo ma a questo ha contribuito assolutamente l’inazione da parte delle autorità. E il continuo rifiuto di dare assistenza a una nave in una chiara situazione di emergenza umanitaria”.

L’imbarcazione aveva segnalato l’emergenza

“La nave aveva segnalato di essere in uno stato di necessità da più 36 ore, è una violazione da parte dell’autorità negare l’ingresso in porto senza una valida motivazione e questa motivazione non può essere il Decreto sicurezza bis che si basa su una sanzione amministrativa. E non ha nulla a che vedere con l’emergenza umanitaria a bordo di una nave. E che, nel caso specifico, solo il comandante a bordo può valutare”, conclude.

(LaPresse)

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