Senato: FI non vota ma La Russa è presidente, accuse al veleno tra opposizioni

Foto Mauro Scrobogna/LaPresse 13-10-2022 Roma (Italia) Politica - Senato prima seduta della XIX legislatura - elezione Presidente - Nella foto: Ignazio La Russa, nuovo Presidente del Senato e seconda carica istituzionale dello Stato

Alla fine, Ignazio La Russa è il presidente del Senato della XIX legislatura. Quello che però, alla vigilia, sembrava un passaggio scontato, si compie solo perché la politica è ‘l’arte dell’impossibile’. I fatti: di buon mattino Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi fanno il punto alla Camera. Sul tavolo ci sono sì i nomi per le presidenze delle due assemblee ma anche, e soprattutto, quelli per la compagine di Governo.

Il nodo resta sempre l’ingresso in squadra di Licia Ronzulli. La leader FdI ribadisce il suo no e il Cav non gradisce. La contromossa a palazzo Madama è subito servita: mentre inizia la prima votazione Berlusconi riunisce i senatori azzurri, che non partecipano al voto. Sembra una scelta fatta per prendere tempo e portare gli alleati a più miti consigli ma alla fine Berlusconi decide di andare fino in fondo. Solo lui e Elisabetta Casellati alla fine entrano nel catafalco a votare.

I numeri ballano, gli sherpa dei diversi partiti mettono mano al pallottoliere: 66 sono i senatori di FdI, 29 quelli della Lega e 2 di Noi Moderati. Con le sole due preferenze incassate da FI La Russa si fermerebbe a 99 sì, a cinque punti da quota 104, soglia che certifica il traguardo della maggioranza dei componenti. Man mano che la presidente Liliana Segre va avanti con lo spoglio, però, arriva il secondo colpo di scena. Non solo La Russa supera quota 104, ma arriva a 116 preferenze portando a casa ben 17 voti che non rientrano all’interno del perimetro della maggioranza. “Dopo anni di ‘franchi tiratori’ abbiamo i ‘franchi soccorritori'”, commenta a caldo un senatore.

Se il centrodestra si spacca, insomma, mostrandosi debole alla sua prima ‘uscita’ in Parlamento, ancor di più si spacca l’opposizione. Il primo a finire nella lista dei sospettati è Matteo Renzi. “Ci sono 19 voti in più. Non è che ogni volta che succede qualcosa sono stato io, purtroppo. Noi 9 abbiamo votato scheda bianca. Fossi stato io com’è noto, lo rivendicherei. Io ho sempre rivendicato”, si schermisce. Poi attacca: “L’elezione di La Russa nasce da un regolamento di conti interno alla destra e prima ancora dalla folle strategia delle alleanze del Pd e di Enrico Letta”.

Carlo Calenda conferma la versione dell’alleato: “Ma siete matti? Ragazzi non scherzate. Non esiste sulla faccia della Terra. Queste cose smart io non le potrei fare con nessun candidato, figuriamoci su un candidato post fascista che per me è invotabile”, taglia corto. Dal Pd, invece, partono subito le accuse: “Il voto di oggi al Senato certifica tristemente che una parte dell’opposizione non aspetta altro che entrare in maggioranza”, sentenzia Enrico Letta che bolla come “irresponsabile oltre ogni limite il comportamento di quei senatori che hanno scelto di aiutare dall’esterno una maggioranza già divisa e in difficoltà”.

Gli attacchi, però, sono incrociati: “Ci sono in ballo le vicepresidenze e i questori”, è il refrain. Nel mirino finiscono anche i franceschiniani (con il faro puntato su Bruno Astorre, “in lizza per fare il questore”) e il M5S, “che vuole Patuanelli vicepresidente”. I diretti interessati smentiscono. Letta “esclude totalmente” un coinvolgimento del Pd. Monica Nardi, sua storica portavoce, a sera è ancora più esplicita: “Non è mai esistita l’ipotesi vicepresidenza per Franceschini, è il solito metodo Renzi teso a diffamare chiunque. È il sequel dell’affossamento del ddl Zan. Lui ha una ossessione per i servizi. Vedremo se il mercanteggiamento di oggi gli ha fruttato il Copasir. O in alternativa la Vigilanza Rai alla Boschi – accusa -. Ma Calenda è ancora troppo inesperto di tattiche parlamentari per aprire gli occhi. Ci arriverà, coi suoi tempi”. Anche il leader M5S Giuseppe Conte respinge le accuse: “Hanno già dimostrato una spinta a coalizzarsi contro di noi. Ma non ci spaventiamo”, assicura.

A sera, tra i senatori gira una lista di 21 nomi: sono coloro, viene spiegato, ‘colpevoli’ – dopo attento esame del var – di essersi soffermati più a lungo degli altri dentro il ‘catafalco’. Dentro ci sono sei nomi di Azione-Iv, alcuni M5S, 2 di Alleanza verdi sinistra, i senatori a vita e la senatrice di ‘Sud chiama Nord’. Tra di loro ci sarebbe i due che hanno votato Liliana Segre e i due che invece hanno optato per Roberto Calderoli (anche se diversi, in Transatlantico sono pronti a scommettere che si tratta di Berlusconi e Casellati). I diretti interessati smentiscono e anche da FdI la lettura che viene fatta lascia meno spazio alla tattica: “Ignazio ha buoni rapporti con diversi parlamentari, costruiti negli anni. Magari, vista la situazione, avrà fatto qualche telefonata…”.

Domani, si replica alla Camera. “Visto quello che è successo al Senato, se vogliamo fare un accordo su un nome unico delle opposizioni per il voto della presidenza della Camera, noi ci siamo, ma allora facciamolo anche sulle vicepresidenze”, propone da Iv Maria Elena Boschi. Senza FI il centrodestra non arriva alla maggioranza dei componenti, necessaria alla quarta votazione per eleggere il successore di Roberto Fico. I ‘franchi soccorritori’ sono avvisati.(LaPresse)

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