Spagna, Pedro Sanchez: il funambolo che vuole stabilizzarsi al potere

La destra e l'estrema destra sono i grandi accusatori di tradimento

Pedro Sanchez leader dei socialisti
Foto LaPresse/AFP in foto Pedro Sanchez

MADRID – È diventato capo del governo all’improvviso e ha resistito per mesi senza una maggioranza, ma ora il socialista Pedro Sanchez, con le elezioni di oggi in Spagna, spera di restare al potere con i piedi più saldi. E’ un funambolo che vuole stabilizzarsi al potere.

Dato per politicamente morto dopo aver perso le legislative del 2015 e del 2016, questo economista di formazione, 47 anni, è riuscito ad arrivare al timone del governo nella sorpresa generale a giugno del 2018. Dopo una mozione di sfiducia proposta contro l’allora premier conservatore Mariano Rajoy, travolto da uno scandalo di corruzione del suo partito conservatore PP. Ma con soli 84 deputati su 350 ha poi dovuto governare sul filo del rasoio. Cercando accordi con la sinistra radicale di Podemos e gli indipendentisti catalani che avevano appoggiato la mozione che lo ha portato alla Moncloa.

Questa fragile alleanza ha finito per spezzarsi a febbraio, quando i separatisti hanno bocciato il suo budget. Obbligandolo a convocare elezioni legislative anticipate, quelle di domenica appunto. Una nuova scossa alla già tormentata carriera politica del socialista, che vuole ormai capitalizzare la sua esperienza di capo del governo (incarico che nessuno dei rivali alle urne può vantare) per incarnare la stabilità. In un Paese che torna al voto per la terza volta in circa quattro anni. Cristina Monge, politologa all’università di Saragozza, spiega anche che Sanchez beneficia a suo parere del fatto di essere “ben piazzato a sinistra”. Dove trae profitto dalle divisioni interne di Podemos e dal suo bilancio sociale. In particolare con un aumento del 22% del salario minimo.

La destra e l’estrema destra sono i grandi accusatori di tradimento

Attaccato frontalmente da destra ed estrema destra, che lo accusano di “tradimento” per avere dialogato con i separatisti catalani, Sanchez ha contrattaccato agitando lo spettro di una eventuale maggioranza di destra che includa il partito di estrema destra Vox. “È importante concentrare tutti i voti possibili sul partito che può battere le due destre (Partito popolare e Ciudadanos) e l’estrema destra, cioè sul Partito socialista”, ha dichiarato martedì lanciando il suo appello a un “voto utile”. La sua strategia sembra pagare: i sondaggi lo danno ampiamente in testa. Tuttavia senza una maggioranza assoluta, il che lo obbligherà a cercare delle alleanze. Con la sinistra radicale di Podemos, con i nazionalisti baschi e, in teoria, con i separatisti catalani. Oppure con Ciudadanos, cosa che Sanchez non ha escluso malgrado il rifiuto del leader di questo partito liberale e anti-indipendentista, Albert Rivera.

Nato il 29 febbraio del 1972 a Madrid in una famiglia agiata, da padre imprenditore e madre funzionaria, Pedro Sanchez è sposato e padre di due figli. Ha studiato economia a Madrid e all’università libera di Bruxelles, prima di ottenere un dottorato in un’università privata (adombrato da sospetti di plagio della tesi). Giocatore di basket in gioventù (è alto un metro e 90), ha preso molto giovane la tessera del Partito socialista Psoe. E’ stato consigliere comunale di Madrid dal 2004 al 2009 e poi deputato.

Perfetto sconosciuto fino al 2014, ha sorpreso tutti quell’anno riuscendo a farsi eleggere segretario del partito nelle primarie contro dei politici affermati. Alla guida del Psoe ha vissuto una traiettoria assimilabile a montagne russe. Dopo le sconfitte alle legislative del 2015 e 2016 l’apparato si è ribellato costringendolo alle dimissioni (molti pezzi grossi del partito diffidano apertamente di lui). Ma con una manciata di fedelissimi è partito alla conquista dei militanti. E si è fatto rieleggere, a maggio del 2017, alla guida della formazione, battendo l’andalusa Susana Diaz, sua grande rivale, sostenuta da tutto l’establishment socialista.

(LaPresse)

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