Trattato Quirinale, Amendola: “Noi motore dell’Ue, inutile tornare al rigore fiscale”

L'intervento del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei,

Enzo Amendola (Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse)

TORINO – Enzo Amendola, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei, uomo del Pd, ha salutato la firma del Trattato del Quirinale con tre parole in francese: “Relance, puissance, appartenance”. Rilancio, forza, appartenenza. “È lo slogan della presidenza francese dell’Unione che inizia a gennaio. Mi sembrava calzante. Non è certo un caso se firmiamo il Trattato proprio in vista di questa presidenza”. Perché di questo si tratta: rinforzare i rapporti tra Roma e Parigi, perché sia l’intera Europa a fare uno scatto in avanti.

In un’intervista a La Stampa, Amendola ha sottolineato che il semestre a guida francese “Sarà molto importante per le scelte che faremo nei prossimi mesi. Ricordo solo i grandi negoziati sul digitale e sull’economia sostenibile, e la riforma del Patto di stabilità e crescita. Sa, il vero cuore di questo Trattato è nel segno di cambiare l’Europa. Noi alziamo il livello dei rapporti tra i nostri due Paesi con l’obiettivo di fare dell’Europa finalmente un Continente più autonomo, più sovrano sulle grandi questioni, e anche più forte”.

All’affermazione ‘Si dice di noi europei in giro per il mondo: giganti economici, nani politici’, Amendola replica: “Devo ricordare che quest’estate noi europei abbiamo vissuto la tragedia afghana da spettatori? In passato, è andata così anche con le vicende del Mediterraneo. Ecco, quando si parla di autonomia, non significa rinnegare le alleanze. L’atlantismo resta alla base della politica estera europea. Ma dobbiamo diventare protagonisti del nostro destino. Perché i fatti della storia che accadono, non possiamo pensare che non abbiano effetti dentro i nostri confini. Dalla Bielorussia, all’Ucraina, fino alla Libia”.

Amendola ha poi sottolineato che “il Trattato infatti dà questo messaggio innanzitutto: due grandi Paesi dicono che bisogna fare squadra. Perché occorre non solo condividere le analisi, ma muoversi anche con comune intento. Se si è arrivati a questa giornata, infatti, non soltanto bisogna ringraziare i nostri diplomatici che hanno tenuto duro nonostante tutto negli ultimi anni, ma anche le scelte comuni tra Italia e Francia per combattere la pandemia. La nostra azione ha mosso l’Europa in un senso che ritengo positivo: la centralizzazione negli acquisti dei vaccini, il Next Generation. Il Covid-19 è stata una tragedia che richiedeva una risposta all’altezza delle responsabilità. Italia e Francia per primi hanno promosso una politica fiscale differente. Siamo quelli, assieme alla Germania, che sono il vero motore di un cambiamento che non può fermarsi. Non si può immaginare di tornare indietro, alla stagione pre-Covid, del ‘business as usual’ europeo. Penso alle grandi questioni della politica fiscale, la difesa comune, l’immigrazione, lo sviluppo tecnologico”.

(LaPresse)

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