Ucciso il ras Salvatore Milano

Il 60enne raggiunto dai killer all’interno di un locale in via Vittorio Veneto

NAPOLI – Ha preso probabilmente un appuntamento con la morte. E’ morto così Salvatore Milano, 60 anni compiuti lo scorso 13 marzo, ucciso all’interno di un bar in via Vittorio Veneto a Miano, a pochi passi dalla sua abitazione di via Janfolla. Il commando è entrato nel bar Rosetta, che si trova al civico 3, attorno alle 17 e 30. Erano armati e sono andati dritti all’obiettivo. Sapevano che Milano si sarebbe trovato lì. Hanno fatto fuoco più volte, l’uomo è stato raggiunto da almeno due proiettili che lo hanno raggiunto in punti vitali uccidendolo sul colpo. E’ stato lo stesso titolare del locale a contattare le forze dell’ordine che si sono recate sul posto. Quando l’uomo è stato identificato si è aperto un ventaglio investigativo ampio. Sì, perché quello Salvatore Milano è un nome pesante a Miano. Noto come ‘O Milan, risulta inserito da anni nella mala di Miano. Un passato nel gruppo Lo Russo, vicino al ras Agellotti, Totore ‘O Milan è stato ucciso in una delle zone in cui si sentiva più al sicuro. Ma non è il primo agguato che subisce.

Lo scorso 14 settembre fu raggiunto da un proiettile alla spalla. “Hanno tentato di rapinarmi e mi hanno ferito”. La raccontò più o meno così la sua disavventura quando i carabinieri si recarono all’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli dal quale era giunta una segnalazione relativa a una persona ferita da un colpo d’arma da fuoco. Secondo quanto raccontò, due soggetti che viaggiavano in sella a uno scooter di grossa cilindrata lo avevano avvicinato mentre l’uomo viaggiava in auto e, minacciandolo con una pistola, avrebbero tentato di rapinarlo. Il tutto avvenne sul territorio di Giugliano. Da quel momento in poi le fasi del racconto si fecero più nebulose perché – sempre secondo il racconto – alle sollecitazioni della coppia di rapinatori, l’uomo avrebbe reagito e il passeggero avrebbe aperto il fuoco centrandolo a una spalla. Una tentata rapina finita nel sangue dunque? I carabinieri ebbero subito dei dubbi sulla versione fornita, proprio perché non era una persona qualunque.

Salvatore Milano era un uomo dei Lo Russo di Miano, secondo anche quanto asserito nella sentenza del 9 maggio 2012 emessa dal gup di Napoli con la quale si riconosce il ruolo di alcuni affiliati al clan dei cosiddetti Capitoni. Salvatore Milano risultava essere inserito nella mala mianese da anni, tanto che il suo nome compare in svariate ordinanze, intercettazioni e verbali di collaboratori di giustizia. Dopo aver tracciato un profilo di Milano, la pista dell’agguato di matrice camorristica fu la prima battuta. In passato fu coinvolto in una maxi operazione che colpì l’organizzazione di Miano. Oltre alla identificazione di un nutrito gruppo di affiliati (anche con ruoli apicali) al clan Lo Russo, e all’accertamento di delitti tipici delle associazioni mafiose, estorsioni e fatti di sangue, le indagini evidenziarono l’esistenza di ulteriori articolazioni criminali, in vario modo riconducibili al medesimo clan, dedite alla gestione di piazze di spaccio e al racket. E’ per quegli stessi affari che si uccide ancora nell’ex regno dei Capitoni.

Il bar punto di ritrovo dei fratelli Cifrone

E’ passato meno di un mese da quando il gruppo capeggiato dai fratelli Cifrone è stato decimato e decapitato dall’Antimafia. I Cifrone sono noti anche come quelli di ‘Ngopp Miano e la zona di via Vittorio Veneto era il loro quartier generale. Anche il bar in cui è avvenuto il delitto di Salvatore Milano, il Bar Rosetta, compare all’interno delle pagine del provvedimento che ha colpito l’organizzazione. Secondo quanto emerso dalle indagini, infatti, Luigi e Gaetano Cifrone avrebbero dato appuntamento proprio in quel locale alle vittime del racket. In un caso, a uno dei malcapitati, uno dei fratelli avrebbe detto: “A Miano comando io, quando ti chiamo devi correre”. Milano, dunque, sarebbe stato attirato in un locale che i Cifrone conoscevano e in cui, probabilmente il 60enne si sentiva al sicuro. Dopo aver subito il primo agguato, lo scorso settembre – riferiscono le forze dell’ordine – Milano sarebbe sparito dalla circolazione. Dopo il blitz che ha colpito i Cifrone avrebbe cominciato a farsi rivedere in giro. Ed è proprio nel periodo che va da settembre ad oggi che gli investigatori hanno deciso di voler far luce. La mala di Miano è magmatica e, negli ultimi mesi, potrebbe aver subito rimescolamenti. Vecchie ruggini potrebbero essere state rinsaldate con nuovi accordi. Così come alleanze datate potrebbero essersi spezzate. Sta di fatto che Milano in quel bar si sentiva al sicuro. I killer, quando sono entrati in azione, l’hanno colto di sorpresa. Impreparato, vulnerabile. All’esterno del locale, fino a che la salma non è stata rimossa, molte persone. Parenti e conoscenti del 60enne che hanno mantenuto contegno, malgrado il dolore. Ma c’erano anche altre facce, quelle che “sapevano”, mescolate tra i tanti volti semicoperti dalle mascherine. La morte di Milano potrebbe essere il campanello d’allarme che annuncia una nuova guerra. Questa volta generazionale.

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