Ucraina, task force Giorgetti: “Fondo per le imprese”. Bonomi rilancia: “400 milioni di Cig”

I contraccolpi della guerra in Ucraina si abbattono sull'economia. Le imprese soffrono, alcune si fermano e torna lo spettro della Cassa integrazione.

Carlo Bonomi (Foto Roberto Monaldo / LaPresse)

ROMA – I contraccolpi della guerra in Ucraina si abbattono sull’economia. Le imprese soffrono, alcune si fermano e torna lo spettro della Cassa integrazione. Dopo due settimane l’Europa deve fare i conti anche con l’acuirsi degli effetti che già si vedevano chiari prima dell’invasione della Russia. Inflazione, carenza di materie prime, prezzi alle stelle delle bollette di luce e gas, commodity non energetiche più care di giorno in giorno, e da ultimo lo spettro della speculazione finanziaria che potrebbe essere un colpo decisivo per i mercati.

Un allarme che è risuonato in Consiglio dei ministri, dove il premier Mario Draghi avrebbe messo in guardia dal “rallentamento” dell’economia cercando di superare subito queste “strozzature” che affliggono i diversi settori. E’ per questo che il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha messo al lavoro una task force: il risultato è la richiesta di un Fondo ad hoc per le imprese più colpite. Uno studio che sul versante dei beni alimentari è stato messo a punto anche dal ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli che chiede un accompagnamento di misure di salvaguardia adeguate. E di fronte alla lacerazione del tessuto produttivo, e a questa “tempesta perfetta”, il presidente di Confindustria Carlo Bonomi chiama a voce alta la necessità di mettere in campo almeno 400 milioni di Cassa integrazione. Il peso maggiore con cui combattono le imprese, che va avanti da tempo, è quello dell’impennata dei prezzi delle bollette. Un punto lo mette la direttrice di Confindustria, Francesca Mariotti, calcolando un incremento, ad oggi, che sfiora il 1500% rispetto ai prezzi di febbraio 2020. La situazione va presa in mano in tempi stretti – continua Confindustria – per salvare la vita delle aziende “parliamo di giorni, settimane, non di più”; dal momento che molte di loro hanno già deciso il fermo produttivo. Sul punto gli industriali sono netti: “Non si tratta di un rischio ma di un fatto”. Quindi è necessario fare di più perché “i quattro decreti sul caro-energia (per un controvalore di 16,8 miliardi a sostegno di famiglie, imprese e industrie) non sono sufficienti ad arginare una crisi che, in caso di ulteriori ritardi, provocherà danni irreversibili”. Bisogna intervenire allora mettendo un tetto al prezzo del gas – rileva il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, ricordando la sua richiesta al G7 energia di ‘misure straordinarie per normalizzare il prezzo del gas’ – perché non si può fermare tutto e rischiare una “tragedia sociale ma nemmeno pagare il gas russo 10 volte il prezzo reale”.

La task force messa al lavoro a testa bassa da Giorgetti – che aveva iniziato a studiare le mosse soltanto il 4 marzo – ha prodotto risultati immediati: i problemi sono legati soprattutto all’export, all’aumento dei prezzi e alla carenza di materie prime, in particolare il ferro. Ecco allora la proposta del ministro: un Fondo dedicato per supportare le filiere produttive più colpite ed evitare il rischio che un ulteriore aumento dei costi per materie prime e semilavorati – insieme con il picco dei costi energetici – possa compromettere definitivamente la sopravvivenza delle imprese, con conseguenze anche per l’occupazione. Su questo fronte il capo degli industriali Bonomi aveva già le idee chiare: i primi effetti sono evidenti “già questa settimana” sulla “sospensione delle attività” per le industrie ad elevato consumo di energia (i cosìdetti energivori), per l’acciaio, la ceramica, la carta. Non un allarme ma un dato di fatto: “Stimiamo che dovremo richiedere 400 milioni di ore di Cassa integrazione”. A mitigare il complicato quadro, potrebbero quindi servire le altre misure di aiuto formulate da Giorgetti, come per esempio l’individuazione di fornitori diversi dalla Russia per determinati prodotti, lo stoccaggio di alcuni beni essenziali (in modo simile a quanto avviene per l’energia), e la protezione delle esportazioni – anche valutando in sede Ue l’ipotesi di dazi – con interventi sulle filiere nazionali, attraverso il divieto di uscita di prodotti indispensabili per le attività economicamente strategiche.

di Tommaso Tetro

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