Un’Italia obsoleta che insulta i giovani

Al battesimo da nuovo segretario del Partito Democratico, Enrico Letta ha subito compreso la gravità del periodo storico che stiamo vivendo e tutte le criticità che una forza partitico-politica di tale calibro deve contribuire a risolvere: dalla gestione emergenziale al rilancio dell’economia fino all’infodemia. A questi aggiungiamoci le battaglie che da sempre a sinistra si presuppone siano retaggio della sinistra, in quella sinistra dove il Pd si colloca ancora: diritti, lavoro, uguaglianza sociale.

Chiaramente siamo sarcastici. Perché Enrico Letta è riuscito (per davvero) in questo momento (drammatico) a tornare immediatamente su un discorso che sembra a lui molto caro: l’allargamento del voto ai 16enni e 17enni.
Un dibattito che, siamo sinceri, era talmente poco sentito da non aver innescato che una flebile polemica, talmente flebile da non arrivare nemmeno minimamente ai livelli stucchevoli della questione lessicale “direttore vs. direttrice”. Chi vi scrive, ad esempio, ne ha avuto notizia dai canali social di Enrica Bonaccorti (sì, Enrica Bonaccorti, indiscussa regina della TV degli anni ’80). Perché, diciamocelo, questa manifestazione d’intenti arriva in un momento completamente inopportuno. È come se irrompesse ad alta voce chiedendo l’ubicazione delle toilette nel bel mezzo delle omelie di commemorazione del funerale laico del Sistema Italia.

Fatta questa doverosa premessa, facciamo finta che ora mi affaccio e giù per strada trovo persone che si fanno il bagno agitando Dom Perignon senza necessità di mascherina alcuna. La validità della proposta di Letta, già applicata in altri Paesi (tra cui Austria e Grecia e, con determinati vincoli, Germania e Svezia) trova riscontro in alcuni analisti super-partes. Interessante a tal proposito l’analisi per Open di Martina Carone, consulente politica di Quorum/YouTrend, che – scavalcando le strategie politiche – sostiene che allargare ai giovani il voto vuol dire accrescerne il coinvolgimento e la partecipazione alla vita sociale del Paese. Non solo, ma Carone ricorda anche quante battaglie su temi cruciali del nuovo millennio (sostenibilità ambientale in primis) siano retaggio dei giovanissimi e che in piazza spesso, prima del lockdown, ci siano andati gli adolescenti per tutti noi.
Invece è notevole quanto a questa scelta quasi scellerata siano contrari i… fan della Bonaccorti. Perché quello che non abbiamo prima detto è che la Bonaccorti non entra nel merito della scelta per auliche ragioni ma perché, dall’alto dei suoi 70 e passa anni, ritiene che far votare i sedicenni sia “dare potere all’ignoranza”. “A 16 anni – spiega la Bonaccorti – è legittimo ignorare ed essere invasi dagli ormoni”. Relega la questione delle priorità all’ultimo rigo del suo accorato appello. Ed è una pletora di applausi su Instagram.

La verità è che se l’ignoranza è una discriminante per il diritto di voto, un sacco di italiani sarebbero preclusi dall’esercizio di tale diritto. Ho perso ormai il conto di quante rilevazioni statistiche vedano la “culla della cultura europea” quale amiamo sovente definirci agli ultimi posti per quanto riguarda la conoscenza. Rapporto 2017 IPSOS Mori (Italia ultima in Europa per percezione delle dinamiche del proprio Paese), Eurostat 2018 (Italia ultima in Europa con la Romania per numero di laureati e quarta per abbandono degli studi), Rapporto Istat 2020 (Italia tra i Paesi con minor livello di scolarizzazione in Europa).

Se poi parliamo di digital divide o più ampiamente di cultura digitale, resta emblematico l’ultimo indice DESI (Digital Economy and Society Index) dell’Unione Europea in cui abbiamo davvero brillato per quanto siamo indietro. Sembra quasi, a sfogliare il rapporto, che la nostra unica competenza con gli strumenti web a disposizione sia commentare quanto siano dei poco di buono i nostri ragazzi sotto i post di regine della TV anni ’80.

Quindi sì, il diritto di voto ai 16enni è l’ultimo dei nostri problemi. Ma non solo per l’ordine di priorità del nuovo segretario Pd.

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