Strage alla stazione di Bologna, 38 anni di segreti

Foto LaPresse - Massimo Paolone 02/08/18 Bologna (Italia)

BOLOGNA – L’orologio si fermò sulle 10 e 25 quell’afoso 2 agosto 1980. Fu in quel preciso momento che all’interno della sala d’aspetto della stazione di Bologna, quella riservata ai viaggiatori di seconda classe, il tempo si fermò. Era una mattina di partenze, centinaia di turisti e viaggiatori si incrociavano nello scalo ferroviario, chi in arrivo, chi in partenza. Quando la bomba esplose spazzò via tutto. La sala d’aspetto, nove metri di pensilina, il ristorante, gli uffici del primo piano, l’intera ala ovest della stazione. Persino il treno Adria Express 13534 Ancona-Basilea che era fermo sul primo binario fu investito dai detriti e dalle macerie sparati come proiettili per l’onda d’urto.

In quella borsa abbandonata c’era un ordigno a tempo. Complessivamente si trattava di 23 chili di esplosivo, mescolati con 5 chili di tritolo e T4. Il tutto potenziata da 18 chili di gelatinato, ovvero la famigerata nitroglicerina. Alle 10 e 25 il tempo si fermò e fu come se fossero spariti anche i suoni e i colori. L’intera area era ricoperta di una polvere sottile che dava la sensazione che tutto fosse grigio, quasi come una pellicola in bianco e nero. A terra c’erano centinaia di corpi, o pezzi di corpi.

85 morti e 200 feriti

Il bilancio finale fu di 85 morti e duecento feriti, la più atroce delle stragi della storia della nostra Repubblica. Poi le orecchie dei superstiti tornarono a sentire e dappertutto cominciarono a percepirsi lamenti, pianti, urla di dolore, gridi di aiuto. Morirono anche dei bambini in quella che per gli anni a venire sarebbe stata ricordata come la ‘Strage di Bologna’. Angela Fresu era la più piccola, aveva tre anni. Il corpo di sua madre, la ventiquattrenne Maria Fresu, non venne ritrovato subito. Soltanto il 29 dicembre 1980 fu accertato che alcuni resti ritrovati sotto il treno diretto a Basilea appartenevano alla donna,  che, evidentemente, si trovava così vicina alla bomba che il suo corpo fu completamente dilaniato dall’esplosione. In pochi minuti si mosse un’intera città. Non solo soccorsi e forze dell’ordine, ma semplici cittadini che cercano di fare quello che possono per scavare e spostare le macerie.

Cadaveri sull’autobus 37

Un autobus della linea 37 si trasformò in un enorme carro funebre per trasportare le vittime presso il centro di medicina legale. Sul posto arrivò anche il presidente della Repubblica Sandro Pertini. Poi di sera la città, la stessa che aveva raggiunto la stazione, si riversò in piazza Maggiore piena di rabbia e dolore, per avere giustizia. A Pertini furono riservati gli unici applausi quando affermo: “Non ho parole, siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia”. Oggi, a distanza di 38 anni e di vari processi, il quadro definitivo non c’è ancora. Malgrado le condanne di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, esponenti di vertice dei Nar, ovvero la versione ‘nera’ del terrorismo, lo sfondo è ancora sfocato. Sì, perché i depistaggi – come affermò successivamente in un’intervista il magistrato Libero Mancuso – iniziarono subito. Il governo, all’epoca presieduto da Francesco Cossiga, ipotizzò che la causa della strage fosse da attribuire a una caldaia difettosa installata nei sotterranei della stazione.

“I depistaggi iniziarono subito”

Poi ci furono confronti, racconti, testimonianze e prese corpo l’ipotesi dell’attentato. Arrivarono le puntuali rivendicazioni telefoniche che contribuirono a rendere torbide le acque dell’inchiesta. Nel giro di 26 giorni furono emessi circa 50 ordini di cattura nei confronti di soggetti ritenuti legati all’eversione nera. Ma negli anni le ipotesi sono state tante. Come la pista libica caldeggiata da Giovanni Spadolini, o quella dal gruppo terrorista Carlos che, da Parigi, affermò che a Bologna a colpire sarebbero stati “Cia e Mossad”. Senza contare la versione cambiata di Francesco Cossiga (ancora lui) che, nel 1991, affermò di essersi sbagliato sulla matrice “fascista” della strage. Poi si parlò di Ps e Gladio. Quello che manca è lo sfondo, ovvero i mandanti.

Nel 2017 la Procura di Bologna ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta proprio sui mandanti. Secondo gli inquirenti non esisterebbero evidenze che legano gli esponenti della loggia massonica Propaganda 2 Licio GelliUmberto Ortolani (entrambi deceduti) e suo figlio Mario, né l’organizzazione Gladio, alla pianificazione o finanziamento della strage. Per i giudici non si può escludere che i Nar abbiano agito da soli, in nome del loro “spontaneismo armato”. A distanza di 38 anni da quella strage, la stazione ha cambiato volto. I turisti e i viaggiatori si sono moltiplicati e vanno veloci. Uno rallenta nei pressi dell’area ovest, alza la testa e nota che l’orologio non funziona. Non sa perché. E’ solo raccontandoglielo che il ‘tempo’ congelato potrebbe ricominciare scorrere.

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