Gomorra 4 e l’avvento dei Polverino. Don Luigi Merola critica la serie ideata da Saviano: c’è solo il male, non compare mai chi lotta contro le mafie

L'appello di don Luigi Merola affidato alla pagina social di 'A voce d'è Criature', la fondazione che presiede: "Possibile che non abbiano introdotto, all'interno della serie, in tutti questi anni, figure di magistrati coraggiosi, impegnati nel loro lavoro, forze dell’ordine che sgominano interi clan"

NAPOLI – Lo Stato in Gomorra scompare. C’è solo il male. La camorra e le logiche criminali. Chi lotta per contrastare la mafia non viene mai inquadrato. E’ fuori scena. Tagliato, anzi, oscurato come se non esistesse. Al centro c’è la rabbia, la sete di denaro. Il potere fugace dato da una pistola. E’ una pellicola imperniata di ‘male’, quel male che attrae i deboli e innesca pericolose emulazioni.

In queste settimane sono in corso le riprese della quarta stagione della serie ideata da Roberto Saviano. Quale sarà il destino di Genny, che ruolo avrà ‘Sangue blu’, chi sarà ucciso, chi vivrà, quale altro camorrista comparirà. Sono le domande che impazzano sui social. E sono i quesiti che parzialmente vengono soddisfatti tempestivamente dal web.

Nelle nuove puntate dovrebbe fare il suo ingresso la storia del clan Polverino. C’è attesa e clamore: sensazioni che preoccupano don Luigi Merola, un sacerdote che conosce bene Napoli e la periferia, che lotta in prima linea contro il malaffare.  Il prete ha affidato la sua critica (dura) a Gomorra alla pagina Facebook di ‘A’ voce d’è Creature’, la fondazione che presiede.

 “Si riparla già tantissimo di Gomorra 4 – ha scritto don Merola – e si dice che in questa serie irromperà la storia del clan Polverino. Fino ad ora si era parlato di Napoli e adesso la scena si sposterà anche in provincia, quasi come a voler coinvolgere un ulteriore parte di pubblico, quei ragazzi della provincia che si erano sentiti esclusi e questo mi preoccupa molto. Il dovere di cronaca è sacrosanto e lo è il diritto di poter raccontare ed inventare storie, ma possibile che regista, sceneggiatori e attori non si siano resi conto che i ragazzi purtroppo non fanno altro che emulare atteggiamenti e comportamenti di appartenenti ai clan? Possibile che non abbiano introdotto, all’interno della serie, in tutti questi anni, figure di magistrati coraggiosi, impegnati nel loro lavoro, forze dell’ordine che sgominano interi clan. Va anche bene raccontare della camorra ma esiste anche lo Stato fatto di persone che credono nel loro lavoro che ogni giorno combattono per un ideale di giustizia.
Perché non fornire l’immagine di un ufficiale, di un magistrato che sia più forte dei camorristi, più preparato culturalmente ma anche più furbo, più scaltro? Purtroppo – ha concluso il sacerdote – sì dà ancora una volta risalto alla figura di un camorrista “eroe”, senza paura, i cui comportamenti e il modo di parlare saranno per l’ennesima volta scimmiottati da una generazione che di tutta questa storia sta conoscendo solo il Male. Riflettiamo!”

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