ROMA – Dopo la Tav, è la nuova Via della Seta che porta aria di crisi nell’esecutivo giallo-verde. Inutile nasconderlo, anche se il premier Giuseppe Conte lo nega categoricamente: “Il Governo, quando si muove su questi scenari, lo fa sempre in modo coordinato coerente”. Il capo dell’esecutivo la settimana prossima firmerà un memorandum assieme al presidente cinese Xi Jinping. Il documento prevede maggiore cooperazione con Pechino, cosa che preoccupa gli Stati Uniti e l’Unione Europea.
Duro monito del Parlamento europeo all’Italia: “Roma non diventi una colonia di Pechino”
Le opposizioni, però, parlando di “svendita dei sovranisti”. Per il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani, l’esecutivo è pronto a dare parte del nostro debito pubblico ai cinesi, offrendo in cambio i porti di Genova e Trieste come approdo della nuova via della Seta. Il vicepresidente dell’Emiciclo di Strasburgo, proclamandosi “sovranista europeo”, auspica che l’Italia non diventi “una colonia di Pechino”.
Anche Bruxelles contro il governo italiano
Da Bruxelles, la Commissione Ue ricorda che le relazioni con la Cina vanno affrontate con la piena unità di tutta l’Unione. Il vicepresidente Jyrki Katainen sottolinea che l’iniziativa cinese fornisce certo finanziamenti e progetti, ma “significa che gli Stati membri dovranno poi rimborsare: non c’è nulla di gratuito”, avverte.
Di Maio fa subito dietrofront: “Nessuna nuova alleanza”
Dal governo di Roma, diversi ministri liquidano le polemiche parlando di una montatura per le prossime elezioni a maggio. Anche se serpeggia parecchio imbarazzo nel governo. Il vicepremier Matteo Salvini spiega che c’è molta prudenza nel trattare il dossier. Il responsabile dell’Economia Giovanni Tria parla di “una tempesta in un bicchier d’acqua”, mentre il collega allo Sviluppo economico, Luigi Di Maio, sottolinea che la via della Seta non porta a nuove alleanza geopolitiche. La motivazione è semplicemente economica: “Dobbiamo riequilibrare il livello di import ed export con la Cina, in questo momento la bilancia pende clamorosamente dal lato della Cina”.
Confindustria ammonisce il governo: “Accordi troppo spinti non aiutano l’Italia”
Confindustria, da parte sua, dice sì all’accordo con la Cina, sottolineando però che non dovranno esserci strappi con i partner strategici tradizionali come gli Stati Uniti e, soprattutto, d’intesa con l’Europa. Il presidente Vincenzo Boccia, in particolare, dice che “è evidente che accordi bilaterali troppo spinti non aiutino l’Italia: occorre equilibrio”.