ROMA – Il governo prova ad accelerare sulla riforma della giustizia. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte riunisce a Palazzo Chigi il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, il sottosegretario Andrea Giorgis e il vicesegretario Pd, ex Guardasigilli, Andrea Orlando. L’incontro va avanti per oltre due ore e viene definito proficuo da tutti i partecipanti. Il disegno di legge Bonafede, approvato solo ‘salvo intese’ – e in alcune sue parti – lo scorso primo agosto dopo un Consiglio dei ministri infuocato tra Lega e M5S finirà in un cassetto, ma la nuova maggioranza “condivide i principali obiettivi” per “rivoluzionare” il sistema.
L’accordo tra Pd e M5S
Il frutto dell’accordo tra Pd e M5S verrà messo nero su bianco su una legge delega che Alfonso Bonafede confida di approvare “entro il 31 dicembre”. Il Guardasigilli esulta: “Sono molto soddisfatto, stiamo rivoluzionando la giustizia italiana. Il principale obiettivo è quello di ridurre i tempi della giustizia civile e penale, dimezzandoli e arrivando a quattro anni per il processo penale. Mentre per il processo civile si arriverà a una media di quattro anni”. “Siamo d’accordo sull’impianto e abbiamo approfondito gli strumenti per raggiungere l’obiettivo un netto miglioramento dei tempi del processo, sia civile che penale. Anche con certezza dei tempi”, gli fa eco Orlando.
Nodo da sciogliere sul Csm
In realtà i nodi da sciogliere ci sono e riguardano soprattutto la riforma del Consiglio superiore della magistratura. I due principali azionisti concordano sulla necessità “di procedere a una radicale riforma” dell’organo di autogoverno dei magistrati, sull’esigenza di recedere i legami tra politica e magistratura ed “estirpare le degenerazioni del correntismo”. Ma non sulla modalità di elezione dei suoi componenti: “Il sorteggio è l’unico punto di divergenza che dovrà essere approfondito”, ammette Bonafede.
Le critiche al progetto di riforma
Non è un mistero, in effetti, che Orlando non condividesse la scelta. “Scegliere i componenti del Csm con la tombola non mi pare un’idea particolarmente brillante. Bisognerebbe piuttosto regolare meglio quello che fa il consiglio”, aveva twittato all’indomani del Cdm sulla giustizia di fine luglio.
Anche il vicepresidente Csm David Ermini torna a criticare l’idea: “Ribadisco la mia contrarietà, perché il Consiglio rischierebbe di uscirne azzerato nella sua natura di organo di rappresentanza del pluralismo e ridotto a entità meramente burocratica ed esecutiva – dice – Tendo a diffidare di riforme giustificate e ispirate alla sola intenzione di contrastare la ‘politicizzazione’ del Csm”.
Stop della prescrizione?
Altro nodo del contendere, poi, potrebbe essere lo stop della prescrizione che, da inizio 2020, secondo quanto stabilisce il ddl ‘Spazzacorrotti’, si bloccherà dopo il primo grado di giudizio. “Non c’è tra gli obiettivi” del Governo “quello di modificare la disciplina della prescrizione”, si affretta a dire il Guardasigilli. Ma i Dem avvertono: “Una norma che di fatto elimini l’istituto, può essere valutata solo se i tempi del processo fossero diversi e radicalmente più brevi. Il Pd non può assumere impegni al buio”.
(LaPresse/di Nadia Pietrafitta)