F1, Hamilton: “Spingerò al massimo contro razzismo”

"Molti non parlano perché non ne sanno abbastanza, e li rispetto. Ma non vedo neanche perché non possano imparare"

(Lars Baron, Pool via AP)

Torino, 4 giu. (LaPresse) – “Molti non parlano perché non ne sanno abbastanza, e li rispetto. Ma non vedo neanche perché non possano imparare. Viviamo tempi in cui tutti commentano tutto, a volte senza nemmeno provare a capire. Leggevo le reazioni sulla guerra fra Israele e Palestina, la maggioranza sono di persone che non hanno mai messo piede in quei luoghi o che non hanno letto nulla. C’è chi dice chissenefrega e chi invece si preoccupa, io sento delle responsabilità. Tutti abbiamo responsabilità: di educare, di migliorare il pianeta, di non restare in silenzio”. In un’intervista rilasciata al ‘Corriere della Sera’ Lewis Hamilton torna a parlare del problema del razzismo.

In che fase sono? Nella fase dell’azione, in quella in cui dobbiamo spingere al massimo – ha spiegato il campione di Formula 1 – Sono orgoglioso di vedere sempre più persone che escono allo scoperto. Sempre più Federazioni sportive che prendono consapevolezza dei problemi, della discriminazione che subiscono gli atleti. Ma c’è ancora moltissimo da fare, il razzismo non si risolve inginocchiandosi o con gesti simbolici”. Per il pilota britannico “la vera domanda da porsi è: ‘Che cosa sta facendo la mia organizzazione per migliorare la situazione?’. Ci sono state tante azioni concrete quest’anno: il black out dei social media, al quale hanno aderito il calcio e tanti sport, contro gli abusi in rete, il bullismo, perché non si poteva più andare avanti così”.

 “Che uno vede una partita di calcio, scrive insulti razzisti, e va avanti impunito. E la gente non se ne preoccupa, come se fosse impossibile intervenire. E invece si può. Se succede dentro a uno stadio o in un circuito chi insulta deve essere immediatamente allontanato. Se gli permetti di continuare lo stai coprendo. Sa che cosa mi rende orgoglioso della mia squadra e della F1 – ha sottolineato Hamilton – Che ci sia un impegno serio, un controllo continuo anche dei partner con i quali lavoriamo, per rendere il nostro sport più inclusivo. Per far sì che aumenti la presenza femminile e delle minoranze. Ma una cosa è parlare, l’altra è agire. Sono due fasi distinte”.

Hamilton rimpiange di non aver conosciuto Nelson Mandala in questa fase della sua vita. “Avevo 23 anni, vivevo sulle montagne russe e non ero preparato per un incontro così importante. Se potessi vederlo ora gli chiederei dove e come ha trovato la forza di uscire di prigione senza provare rabbia, risentimento, odio. Come ha fatto a prendere un tè con i giudici e le guardie che lo avevano incarcerato?”, ha spiegato il fuoriclasse della Mercedes per poi parlare del suo futuro. “Spero francamente di non correre a 40 anni. Ci sono talmente tante cose che voglio fare che sarebbe difficile. Ma nella vita l’evoluzione è talmente rapida da spiazzarti. Per esempio non mi aspettavo di divertirmi tanto quanto mi sto divertendo in questa stagione – ha concluso – Non credo che sia per Max o per nessun altro. Il motivo è che ogni giorno scopro cose nuove su di me. Con i lockdown per la pandemia ho avuto più tempo per rifinire il mio talento, il corpo e la mente. Io competo sempre contro me stesso. Penso a come battermi, guardo a come ero l’anno scorso e a come superare un sette volte campione del mondo”.

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