In ogni altra parte d’Italia si chiamano Sindaci oppure Primi Cittadini, svolgono il ruolo di amministrare i beni ed i servizi pubblici in nome e per conto di coloro che li hanno eletti. A Napoli ‘O Sinnache è qualcosa di più che un semplice amministratore ed ha compiti che vanno oltre i doveri della pubblica amministrazione. E’ un simbolo del potere municipale ma al tempo stesso il depositario delle più svariate suppliche di singole persone ed intere categorie. Non ha solo dei beni pubblici da amministrare ma un intero patrimonio storico ed artistico riconosciuto dall’Unesco, che va dall’antica Grecia passando per tutte le epoche storiche che hanno caratterizzato le dominazioni straniere della città, quasi una decina. E’ il punto di riferimento di disoccupati organizzati che Salvatore Di Giacomo ebbe a definire “quelli che per mestiere fanno l’arte dei disoccupati”, intere famiglie che si tramandano il titolo ed il reddito che viene loro riconosciuto. C’è poi la disoccupazione straordinaria quella che origina nelle crisi economiche che a più riprese investono il Sud Italia, e subito di seguito gli sfrattati, gli occupanti le case popolari, gli ex detenuti ed i bisognosi indigenti. Una trincea quella di palazzo S.Giacomo, sede del Municipio, più che un apparato burocratico amministrativo nella quelle su combatte ogni giorno confrontandosi con un “universo orrendo” come ebbe a definire quelle categorie Pier Paolo Pasolini nelle sue cronache di borgata. Il primo cittadino governa circa diecimila dipendenti, tra i quali qualche migliaio di vigili urbani, giardinieri, manutentori, custodi, che spesso neanche a “Chi l’ha visto” sono rintracciabili. La grave mole del debito accumulato negli anni sfiora il Miliardo di € ed accorrerà a chiunque vinca l’intervento decisivo e riparatore del governo centrale così come di fatto per Roma negli anni scorsi. Senza questa immissione straordinaria di appannaggi finanziari il nuovo Sindaco non potrà che barcamenarsi tra un urgenza ed in altra accrescendo sia il debito che l’inefficienza. La presenza tra i concorrenti di un Magistrato è un ulteriore motivo di sconcerto dopo il fallimento della esperienza di De Magistris, o portata avanti sotto l’insegna del moralismo e dell’immobilismo. Insomma siamo di nuovo nell’ottica che occorra sopperire con un Togato la carenza di proposta è di propositi espressi dalle forze politiche e sociali. Che Napoli abbia bisogno di un guardiano della legalità, di un uomo onesto per antonomasia, anzi per mestiere, per guadagnarsi la fiducia. Un esperienza peraltro già fatta di recente è durata dieci anni che ha prodotto opere pubbliche ancora in cantiere da anni e giammai completate. Atteggiamenti ostentati come improntati alla legittimità e trasparenti che producevano paralisi e ritardi, insomma una legalità che non portava altro che se stessa alla collettività. Eppure, nonostante i proclami non sono mancati i coni d’ombra, un fratello del sindaco che imperversava in ogni dove forte della delega nepotistica, cooperative e centri sociali con canali preferenziali ed uno stuolo di professionisti i cui principali meriti risiedevano nell’appartenere al cerchia esoterica del partito arancione di De Magistris. Città per metà coltivata, Vomero, Posillipo, Quartieri residenziali e panoramici ed il resto a fare i conti con sporcizia e disservizi. Ripetere in esperienza del genere non sarebbe un pregio. Dall’altra parte, il caravanserraglio del Centro Sinistra, che trova in Manfredi, ex Rettore e Ministro, un punto di coagulo. Tuttavia l’eclettico Presidente della Regione in questo Ente maledice i Grillini che accetta come alleati al Comune. Infine il vecchio e mai domo Antonio Bassolino, ex re di Napoli e della Regione oltre gran facitore di debiti accumulati sia in Comune che in Regione , a turbare i sonni del campo di sinistra. Un ritorno annunciato che non ha arretrato innanzi a niente, neanche al dato anagrafico ed quello anacronistico di una politica ormai archiviata da un ventennio. Eppure tra tutti i tre contendenti di maggior seguito è l’unico ad avere esperienze nella trincea municipale, nel saper interpretare e gestire le mille contraddizioni partenopee. Ma di tutto questo il vero enigma ed il punto dolente resta la partecipazione al voto. L’ultimo dato delle Comunali non v oltre un quarto degli aventi diritto al voto!! Una minoranza diventata maggioranza che ha deciso le sorti dell’ultima contesa, un segno dell’abissale disimpegno di una popolazione stanca sia di re travicelli che di Masanielli che, tuttavia, finisce per fare il gioco dei profittatori. A Napoli non si svolgono normali elezioni, ma una colossale riffa, ove occorre rischiare nello stringere le mani di gente inadeguata oppure ungere le ruote del carro di Tespi, l’accozzaglia di petenti e di millantatori che gremisce le segreterie elettorali. Insomma non ci sarebbe da meravigliarsi che sulle mute comparisse la scritta “Ridateci il Borbone”.