ROMA – Una ndrina locale autorizzata a Roma, dalla ‘casa madre’ in provincia di Reggio Calabria. E’ quanto scoperto dagli inquirenti di Dia e Dda di Roma che hanno arrestato 43 persone, 38 in carcere e 5 ai domiciliari.
Sono accusati a vario titolo, di associazione mafiosa, detenzione di armi, spaccio, estorsione aggravata, fittizia intestazione di beni, riciclaggio e truffa ai danni dello Stato.
A capo del gruppo scoperto nell’indagine coordinata dalla procura di Roma, c’erano i due boss, Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro. La loro, spiega chi indaga, era una duarchia autorizzata dalla famiglia a capo della ndrina di Cosoleto, in provincia di Reggio Calabria.
Secondo chi indaga il gruppo riciclava fiumi di fondi neri provenienti dalle attività illegali delle cosche ed era diventato un punto di riferimento per la criminalità calabrese. Una serie vorticosa di investimenti in bar, pescherie, piccoli supermercati, perlopiù situati in zone periferiche dell’area nord della Capitale.
L’ipotesi degli inquirenti è che “sul territorio della capitale si sia così riprodotta una struttura criminale non consistente semplicemente nel fatto che una serie di soggetti calabresi abbiano iniziato a commettere reati nella città di Roma in quanto i soggetti in questione sono risultati operare secondo tradizioni di ‘ndrangheta: linguaggi, riti, doti, tipologia di reati tipici della criminalità della terra d’origine e trapiantati a Roma dove la ‘ndrangheta si è trasferita con la propria capacità di intimidazione”.
Tra gli arrestati figurano un commercialista, un dipendente bancario e, nella tranche di indagine coordinata dalla procura di Reggio Calabria, che ha portato ad altri 34 arresti, c’è anche il sindaco di Cosoleto, Antonino Gioffré.
(LaPresse)