Alle porte di Weimar?

E’ ufficialmente iniziata la campagna elettorale per le Politiche (anticipate) di settembre, quelle determinate dalla caduta del governo Draghi. Una caduta sulla quale pesano le incognite di una presunta intesa con Mosca da parte della premiata ditta Berlusconi & Salvini. A tal proposito solo il tempo potrà disvelare la sussistenza ed, in particolare, la natura intima di un eventuale recondito patto stipulato con Putin. In merito, il Cavaliere – pur essendosi schierato per le ragioni di Kiev – ha affermato, di recente, di aver avuto contatti con l’establishment del Cremlino, rivelando che i russi gli avrebbero raccontato che l’invasione era diventata necessaria perché c’era il rischio che fosse proprio l’Ucraina ad attaccare la Russia!! Un modo come un altro, insomma, di parificare le responsabilità tra vittime e carnefici. Gli ha fatto subito eco il controcanto di Giorgia Meloni che ha dichiarato il pieno appoggio alla causa di Volodymyr Zelenskyj. Un triste balletto che lascia presagire un futuro non certo roseo dentro l’alleanza Fi-Lega-FdI, sulla questione Ucraina. Un argomento (vedi invio di armi) che si è rivelato cruciale per la crisi del governo capitanato dall’ex Governatore della Banca Centrale Europea. In soldoni: sulla  politica estera nel centrodestra si litiga già prima di cominciare. Lo stesso dicasi per i rapporti con Bruxelles. Berlusconi si dice un convinto europeista nel mentre, per lungo tempo, sia Meloni che Salvini si sono dichiarati convinti “sovranisti” avvicinandosi a politici euro scettici del calibro dell’ungherese Victor Orban, dell’austriaco Jorg Haider e della francese Marie Le Pen. Si aggiunga a questo la delicata questione degli aiuti economici che l’Ue ha concesso all’Italia per il PNRR e quelli che si accinge a dare per frenare l’inflazione che erode salari e potere di acquisto dei cittadini italiani, ed il quadro dei rapporti internazionali apparirà drammaticamente più chiaro. Tuttavia i “tre tenori” mostrano una sicurezza ed una compattezza che va verificata dopo la campagna elettorale. Per quanto rilevanti le questioni accennate ancora più grandi sono le incognite generali che gravano sulla tenuta del sistema politico istituzionale del Belpaese. Non credo siano molti gli elettori, di entrambe le aree politiche, che abbiano l’esatta percezione di quanto grave sia la crisi che si è innescata già da tempo in Italia. Molti pensano di trovarsi di fronte alla solita congiuntura balneare. Ancor di più sono quelli che si attendono un semplice cambio di maggioranza e di governo. I sondaggi parlano chiaro: la gente vuol cambiare il segno politico dell’esecutivo. Chiede la mera sostituzione di un governo trainato dal Pd con un altro nel quale la destra (quella meloniana) la faccia da padrone. Questo dicono i sondaggi. Ma si tratta di una rappresentazione abbastanza semplicistica del futuro politico italiano, dove si crede che la partita possa essere chiusa con il sopraggiungere di un governo alternativo. A ben vedere le cose non stanno proprio così per la semplice considerazione che ci sono ancora molte incognite sulla reale tenuta di un esecutivo che, seppur di segno mutato, possa poi contare su una larga maggioranza e su una leadership veramente autorevole. Tutto ruota intorno ai meccanismi di una legge elettorale semi maggioritaria e sul protagonismo dei vari segretari dei partiti di cartapesta e sempre più “ad personam”, quindi vincolati alle ambizioni dei leader. Forze politiche oligarchiche ed autocratiche il cui posizionamento risente di fattori personalistici, che non hanno niente a che vedere con la democrazia decisionale ed un dibattito che metta al centro della discussione scelte ponderate e legittimate da una condivisione misurata con l’esercizio democratico. Insomma una crisi che ormai può dirsi di sistema più che di politica contingente, frutto di una legge elettorale scadente ed ambigua e di partiti che sono diventati il simulacro di quelli veri e partecipati di un tempo. Il combinato disposto tra l’assenza di forze politiche democratiche ed il sistema elettorale vigente non può che riproporci i medesimi risultati anche nella nuova legislatura. Se il sistema non viene riformato ed adeguato alle effettive esigenze del buon governo fatto di scelte elettorali che siano di stampo maggioritario, con partiti controllati da un Autority sul piano del rispetto degli adempimenti statutari, dei metodi democratici per selezionare la classe dirigente, della veridicità del tesseramento, dei flussi finanziari e dei bilanci, non ci sarà scampo per nessuno. Il ripetersi di debacle parlamentari e governative farà strada ad uno stato di paralisi e di distacco totale dalla politica. Si aprirebbero così le porte di una nuova Repubblica di Weimar e si estenderebbe il convincimento che la democrazia sia solo una perdita di tempo e le elezioni dei meri ludi cartacei…

*già parlamentare

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