Casal di Principe, D’Alessandro pronto al patto con Ferraro. Gli orologi di lusso per l’intesa

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Nicol Ferraro 'Fucone' ed Antonio Lanza 'Piotta'

CASAL DI PRINCIPE – Volevano un incontro con “Fucone”, “quello che stava in politica”. Chi? Gli esponenti della cosca D’Alessandro, attiva a Castellammare di Stabia. E per ottenere questo contatto si rivolsero (era il 2022) ad Antonio Lanza, detto ‘Piotta’, e a Nicola Gargiulo, alias ‘Capitone’, esponenti della cosca Bidognetti. L’esigenza di organizzare l’incontro è stata raccontata ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli dallo stesso Lanza, che dal 2023, poco dopo il suo arresto, sta collaborando con la giustizia.

‘Piotta’ ha riferito di essersi recato a Castellammare insieme a Gargiulo per risolvere una controversia relativa a una richiesta estorsiva rivolta a imprenditori stabiesi che stavano effettuando interventi a Ischitella (Castelvolturno). Per chiarire la questione, i due bidognettiani si sarebbero incontrati su un terrazzo nel centro di Castellammare con Pasquale D’Alessandro, “capo dell’omonima famiglia criminale”, ha spiegato Lanza.

Chiuso il discorso sulla vicenda del pizzo, D’Alessandro esplicitò la necessità di parlare con Ferraro: “Voleva proporgli degli affari per il futuro”, ha dichiarato il pentito, che ha aggiunto anche un’altra richiesta del capoclan: “Si aspettava che Fucone gli regalasse degli orologi di pregio come suggello di una vecchia amicizia e simbolo di rinnovato rapporto”. Raccolta l’imbasciata, Lanza ha raccontato di aver contattato Nicola Pezzella, detto ‘Palummiello’, esponente degli Schiavone (ora in carcere per estorsione e traffico di droga), affinché avvertisse Ferraro. Qualche giorno dopo, ‘Palummiell’ chiamò Lanza chiedendogli di aiutarlo a procurare gli orologi per D’Alessandro.

Nel settembre 2022, ‘Piotta’, riferisce ai pm, si incontrò nuovamente con D’Alessandro per consegnargli gli orologi (non apprezzati dallo stabiese). In quell’occasione, l’uomo di Castellammare gli disse che il motivo dell’incontro era legato a una ditta, senza fornire ulteriori spiegazioni. E’ a questo punto che su questa vicenda si fermano le conoscenze di Lanza, poiché due mesi dopo – nel novembre dello stesso anno – fu coinvolto nel blitz dei carabinieri dei Nuclei investigativi di Aversa e Caserta che colpì le cosche Schiavone e Bidognetti, portando all’arresto di 37 indagati.

Le dichiarazioni di ‘Piotta’ sono tra gli atti raccolti dai pm Vincenzo Ranieri e Maurizio Giordano, inseriti nell’inchiesta su Ferraro, accusato di associazione mafiosa e di aver costruito un sistema in grado di infiltrare ditte a lui vicine negli appalti pubblici, facendo leva – sostiene l’accusa – sulla sua forza mafiosa, corrompendo o sfruttando agganci politici. Le dichiarazioni di Lanza, secondo l’accusa, contribuiscono a dimostrare l’intraneità di ‘Fucone’ nel clan dei Casalesi. Per questa contestazioni, la Dda ha chiesto la misura cautelare nei suoi confronti.

Nell’ambito dell’indagine sul cosiddetto ‘sistema Ferraro’, rischiano provvedimenti restrittivi anche altri 31 indagati, accusati a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, turbativa d’asta, riciclaggio, istigazione alla corruzione e calunnia.
La decisione sull’applicazione delle misure è al vaglio del Tribunale di Napoli, che si esprimerà al termine degli interrogatori preventivi disposti dal gip Marrone. D’Alessandro, citato da Lanza, non risulta coinvolto in questa inchiesta della Dda di Napoli.

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