Abusi sessuali su un detenuto minorenne a Nisida: arrestato un agente penitenziario

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NAPOLI – Un’ombra gravissima si abbatte sull’Istituto Penale Minorile di Nisida, dove un agente della Polizia Penitenziaria è stato arrestato con l’accusa di aver compiuto atti sessuali su un minorenne detenuto. I fatti risalirebbero a questo stesso mese di giugno 2025 e sono stati resi noti ufficialmente da Antonio Sangermano, Capo del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, attraverso una nota diffusa nella giornata di ieri. L’agente, originario di Gricignano d’Aversa e in servizio da tempo presso l’Ipm partenopeo, è stato tratto in arresto dai poliziotti del Nucleo Investigativo Centrale e del Nucleo Investigativo Regionale della Polizia Penitenziaria di Napoli. Dopo il fermo, l’uomo è stato sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Una vicenda che scuote profondamente l’intero sistema penitenziario minorile, non solo per la gravità dell’accusa, ma anche per il contesto in cui sarebbe maturata: un luogo, quello di Nisida, dove la funzione rieducativa e protettiva dello Stato verso i giovani detenuti dovrebbe essere massima e inviolabile.

“Ho trasmesso notizia di reato al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, Nicola Gratteri, investendolo degli accertamenti necessari e formulando richiesta di adozione di misure rigorose”, ha dichiarato Sangermano. “Si tratta infatti di un’ipotesi investigativa di inaudita gravità. Il Dipartimento, come sempre, ha fatto quello che doveva, seguendo la linea dell’immediata denuncia per ogni notizia
di reato che si palesi nel comparto di propria pertinenza, chiunque l’abbia commesso”. La tempestività della denuncia e l’intervento degli organi investigativi specializzati indicano una reazione ferma da parte dell’amministrazione, ma non bastano a spegnere lo sconcerto per una vicenda che solleva interrogativi inquietanti sulla sicurezza e sulla tutela dei minori affidati alle strutture dello Stato. Il carcere minorile di Nisida, collocato su un’isola che ha rappresentato spesso simbolo di riscatto e speranza per i giovani reclusi, diventa così teatro di un’accusa che mina profondamente la fiducia nell’istituzione. Se confermata, la condotta dell’agente non solo configurerebbe un reato gravissimo, ma rappresenterebbe anche un tradimento della funzione pubblica e un danno morale incalcolabile per la vittima.

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