Usa, l’11 settembre esce il libro bomba di Woodward: “Casa Bianca gabbia di matti”

Non è neanche uscito ed il libro già sta scatenando mille polemiche

Bob Woodward (EFE/Fernando Villar)

Washington (LaPresse/AFP) – Sono 448 pagine di aneddoti e confidenze sconcertanti. Il libro del giornalista investigativo Bob Woodward su Donald Trump ritrae un presidente americano ignorante, collerico e paranoico, che i collaboratori tentano di controllare per evitare ‘scivoloni’ inconsulti. Se vari testi sul 45esimo inquilino della Casa Bianca sono stati già pubblicati, ‘Fear: Trump in the White House’ ha una risonanza particolare a causa della reputazione di Woodward. E’ infatti celebrato in tutto il mondo per aver rivelato, con il collega Carl Bernstein, lo scandalo del Watergate che costrinse Richard Nixon a dimettersi.

“E’ solo un altro brutto libro”, ha reagito Trump in un’intervista al Daily Caller, smentendo le storie descritte dagli ex componenti del suo staff o definendole come “semplicemente inventate dall’autore”. Più tardi ha twittato: “E’ un agente dei Dem? Avete notato il tempismo?”, alludendo al fatto che il libro sia una ‘tattica’ dei democratici per colpirlo in vista delle elezioni di metà mandato del 6 novembre.

Gli estratti pubblicati dai media americani descrivono una Casa Bianca in perenne “crisi di nervi” e disfunzionale. Lo staff non mostra molta stima dell’occupante dello Studio ovale (ritratto che era già emerso da precedenti libri). Woodward si è basato su centinaia di ore di interviste per il libro, che uscirà l’11 settembre. Al termine di un incontro fra Trump e il team della sicurezza nazionale sulla presenza militare nella penisola coreana, il ministro della Difesa James Mattis, esasperato, avrebbe detto ai collaboratori che il presidente si comportava come “uno scolaro” di 10 o 11 anni.

E dopo l’attacco chimico dell’aprile 2017 in Siria, attribuito al regime di Bashar Assad, secondo Woodward il presidente avrebbe chiamato Mattis e gli avrebbe detto che avrebbe voluto assassinare il presidente siriano. “Uccidiamolo, c…! Andiamoci! Ammazziamone tanti”, avrebbe detto Trump. Dopo il colloquio, Mattis si sarebbe rivolto a un consigliere per dirgli: “Non faremo nulla di tutto questo. Saremo molto più misurati”. In una dichiarazione, Mattis non ha contestato l’episodio in particolare, ha affermato invece di non aver mai pronunciato “le parole sprezzanti” attribuitegli, deplorando il ricorso a fonti anonime che indebolirebbero la credibilità dei racconti.

Non è neanche uscito ed il libro già sta scatenando mille polemiche

Woodward descrive anche lungamente la frustrazione ricorrente del chief of staff John Kelly, tradizionalmente nel ruolo più vicino al presidente nell’Ala ovest. In una riunione ristretta, avrebbe detto di Trump: “E’ un idiota. È inutile tentare di convincerlo di qualsiasi cosa. È completamente pazzo. Siamo in una gabbia di matti. Non so nemmeno che cosa facciamo qui”. In una breve dichiarazione, Kelly ha detto di non aver mai descritto così il presidente, ribadendo il proprio impegno al suo fianco.

Il giornalista investigativo descrive anche i sotterfugi che l’entourage del presidente userebbe per evitare che prenda decisioni non ponderate. Il suo ex consigliere economico Gary Cohn avrebbe “rubato una lettera che si trovava sulla scrivania di Trump”, che il presidente aveva intenzione di firmare per ritirare ufficialmente gli Usa da un accordo con la Corea del Sud. Cohn avrebbe spiegato poi a un collaboratore di averlo fatto in nome della sicurezza nazionale e che il magnate non si sarebbe mai accordo di non averla più.

Altro argomento: i tweet. “E’ una buona cosa, ma è un po’ un peccato perché ero l’Ernest Hemingway dei 140 caratteri”, avrebbe dichiarato Trump a un consigliere, quando Twitter aveva annunciato il passaggio del limite al numero di caratteri da 140 a 280. L’autore spiega nel libro di aver tentato di intervistare il presidente, che l’ha chiamato a metà agosto quando ormai Woodward aveva finito di scrivere. Il Washington Post ha pubblicato la registrazione del colloquio tra i due, in cui Trump dice che nessuno gli aveva recapitato il messaggio del giornalista e assicura che avrebbe “adorato parlargli”. Nel dialogo gli dice anche: “Lei sa che faccio un lavoro straordinario per il mio Paese, lo sa questo? Alla fine, lo spero”.

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