Afghanistan, l’Unione Europea pensa a una forza rapida di 5mila soldati

Foto Marco Alpozzi - LaPresse Dicembre 2012 Bala Baluk Esteri Una delle strade più pericolose dell'Afganistan, è quella che collega la base avanza Italiana (FOB) di Bala Baluk all'avanposto Afgano di Shewan Garrison, una vecchia base americana, passata ora sotto il controllo dell'esercito Afgano (ANA). Attacchi con armi da fuoco, o con ordigni improvvisati (IED), sono frequenti, e rivolti in particolare all'esercito ed alla polizia Afgana; le pattuglie Italiane percorrono questa strada a passo d'uomo, per controllare e garantirsi una maggiore sicurezza. Nella foto: il Colonnello Marcello Orsi, comandante del 9° reggimento Alpini, con i militari Afgani della Base di Shewan Foto Marco Alpozzi - LaPresse 24 02 2013 Bala Baluk Foregin One of the most dangerous roads of Afghanistan, is that which the Italian FOB in Bala Baluk at Afghan outpost of Shewan Garrisonan old U.S. base, now fallen controlled by Afghan Army (ANA). Attacks with firearms, or improvised explosive devices (IEDs), are frequent, and targeting specifically the army and the Afghan police, patrols Italian go through this road to a crawl, to check and guarantee greater safety. In the picture: Colonnel Marcello Orsi, commander of the 9th Alpini Regiment, with the Afghan military in Shewan Base

BRUXELLES – Una forza di azione rapida di 5mila soldati. E’ questa la proposta emersa nell’incontro informale dei ministri della difesa Ue in Slovenia. Ci sono ancora divergenze tra gli Stati membri ma la decisione vera e propria sarà presa entro il 16 novembre quando verrà presentata la bozza della Bussola Strategica. L’idea è quella di inserire nel documento che fisserà le linee guida politiche per lo sviluppo della difesa e della sicurezza europea del prossimo decennio questo nuovo strumento. Il punto è che la crisi afghana ha accelerato gli eventi e stravolto anche l’ordine del giorno del meeting che era in programma da tempo. “A volte gli eventi catalizzano la storia, creano una rottura, e penso che gli eventi in Afghanistan siano uno di questi casi. E’ chiaro che la necessità di una maggiore difesa europea non è mai stata così evidente come oggi”, ha detto l’Alto rappresentante della politica estera Ue, Josep Borrell.

Lo strumento delle forze di intervento rapido si differenzia da quelli posti in essere dall’Ue finora: non è ancora l’idea accarezzata da anni di un esercito comune ma nemmeno quello delle missioni a lungo termine. “Prima di tutto, le missioni di pace sono progetti a lungo termine. Nonostante alcuni nuovi meccanismi, come il Fondo europeo per la difesa, l’Ue non ha le capacità per operare in situazioni molto impegnative. E, ultimo ma non meno importante, se vogliamo essere un credibile garante di pace, dobbiamo accelerare il processo decisionale politico”, ha detto il ministro della difesa sloveno, Matej Tonin, della presidenza di turno del Consiglio Ue.

“Dobbiamo accrescere la nostra capacità di essere autonomi quando necessario e non dipendere dalle scelte fatte dagli altri, anche se questi altri sono nostri alleati. Questo è qualcosa che deve essere costruito. Abbiamo le risorse”, è stato l’appello dell’Alto rappresentante Borrell. L’Afghanistan è un esempio molto buono per mobilitare la volontà degli Stati per capire che dobbiamo avere la capacità di agire da soli. Il presidente Biden è il terzo presidente ad avvertirci che gli Stati Uniti si sono disinteressati dei conflitti globali. Rappresenta un avvertimento per l’Ue della necessità di svegliarsi e prendere le proprie responsabilità e affrontare le sfide che abbiamo davanti”, ha aggiunto.

Rispetto alle ipotesi avanzate venti anni fa, ai tempi della guerra in Jugoslavia, quando si ipotizzava una forza di 50-60mila soldati, il mondo è cambiato: ora questi numeri sarebbero impensabili, ha spiegato Borrell, perché serve una squadra ridotta ma magari molto più preparata per compiti specifici, come la sorveglianza di un aeroporto. Dall’esperienza afghana i ministri della difesa hanno convenuto che si dovrebbero trarre importanti lezioni anche per il funzionamento delle missioni e operazioni dell’Ue in Mali/Sahel, Mozambico, Libia e Balcani occidentali. La presa di Kabul e la tragica ritirata bruciano ancora e l’Unione europea non vuole più farsi trovare impreparata e ritrovarsi a subire le scelte prese dagli altri, a cominciare dal principale alleato oltreoceano.

(LaPresse/Fabio Fantozzi)

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