Agguato al rampollo del clan Aprea

Un agguato al rampollo del clan
Un agguato al rampollo del clan

NAPOLI – A 17 anni finisce già nel mirino dei sicari. A 17 anni subisce già un agguato. E rischia di morire, di diventare l’ennesima vittima delle logiche criminali che dominano alcune realtà e alcuni contesti di Napoli. Un agguato si è consumato la scorsa notte in corso Sirena, a Barra. Ferito il rampollo del clan Aprea, nipote dei super boss Gennaro e Vincenzo.  Quindi la corsa all’Ospedale del Mare. I sicari hanno mirato alla parte superiore del corpo. Volevano ucciderlo. I proiettili lo hanno centrato alla spalla sinistra e una mano. E’ evidente che il 17enne abbia parato il colpo, coprendosi con le mani. La dinamica è quella di un agguato di camorra. In due arrivano su uno scooter all’esterno di un circolo ricreativo in corso Sirena, proprio dove vive il ‘bersaglio’. Dopo un istante aprono il fuoco, almeno quattro volte, verso il ragazzo. Che, colpito, finisce a terra, mentre intorno sono urla, paura e fuggi fuggi generale. 

Il 17enne arriva al Pronto soccorso del nosocomio di Ponticelli pochi minuti più tardi. Dall’ospedale parte la segnalazione alle forze dell’ordine. Intervengono gli agenti del commissariato di Ponticelli. Raccolgono i primi elementi investigativi. La versione del ragazzo, che per fortuna non è in condizioni gravi e non rischia la vita. 

Le indagini sono già in corso. Si scava negli ambienti criminali di Barra. Il ragazzo ferito discende dalla famiglia più potente del quartiere. Il cartello degli Aprea ha scritto pagine e pagine di camorra. E’ il clan egemone, senza alcun dubbio, dalle parti di corso Sirena. Chi ha osato sfidare la cosca? Chi ha ordinato la morte del nipote dei boss? 

Le indagini vengono condotte anche sui social network. Sugli account dei giovani in odore di camorra che vivono nella periferia orientale, e che la frequentano, i riferimenti ai rivali delle altre cosche sono assai frequenti e diretti. Lo stesso ragazzo ferito, sui suoi profili social, è solito esaltare le gesta e il potere, l’influenza criminale, della sua famiglia. “Amate il silenzio, quando farò rumore mi odierete tutti”, si legge nel suo account. E poi: “Ogni pagliaccio tornerà nel suo circo e ogni re tornerà al suo trono”, scrive in omaggio ai suoi parenti boss detenuti. Il contesto nel quale è maturato l’agguato è quello della camorra. O di una lite, con soggetti in odore di camorra. Non si esclude, comunque, che l’attacco sia stato ordinato dagli uomini al vertice di un clan rivale. Su tutti, i Mazzarella

Il sodalizio guidato dalla terza generazione

E’ nato nel 2006 il ragazzo ferito a colpi di pistola ieri notte in corso Sirena. Mette i brividi apprendere e raccontare storie del genere, che vedono protagonisti e vittime ragazzi così giovani. Il rampollo del clan rappresenta la terza generazione del sodalizio criminale. La seconda generazione si trova in carcere già da un paio d’anni. Nell’aprile del 2021, infatti, la Dda ha fermato l’avanzata di un gruppo di uomini, nati tra il 1990 e il 1997, accusati di essere al vertice dell’organizzazione criminale. Tra gli indagati tre figli del boss Ciro Aprea. Avevano seminato terrore nella zona, secondo la Direzione distrettuale antimafia, con l’obiettivo di fortificare l’egemonia del clan. Proprio lì, in quel lembo di terra che va da corso Sirena a Via Mastellone, che è la roccaforte di uno dei cartelli storicamente più forti della zona. Si tratta del gruppo CuccaroAndolfiAprea, presente sullo scacchiere malavitoso fin dagli anni Novanta. Ancora presente malgrado sia stata smantellato negli anni, decimato e decapitato dei suoi elementi di vertice. In principio furono i Cuccaro. Cinque fratelli, i vertici del clan: Raffaele, Michele, Angelo, Salvatore e Luigi. Tutti finiti in manette, tranne Salvatore, ucciso da nel ’96. Alla guida del commando c’era il ras Bernardo Formicola. I loro eredi, ‘i cuccarielli’ erano la seconda e terza generazione del clan. Usavano tatuarsi il volto del defunto Salvatore Cuccaro sul petto o sulla schiena in segno di rispetto, per ricordare l’affronto subito. Cuccaro-Andolfi, non solo Cuccaro. Un sodalizio celebrato durante la festa dei Gigli nel settembre 2011 dallo speaker che cantò la storia di “due amici” che dal nulla erano diventati capiclan. Un chiaro riferimento, secondo la procura antimafia, ai ras Angelo Cuccaro, detto Angioletto, e Andrea Andolfi ’o minorenne. Cuccaro e Andolfi, ma soprattutto Aprea. Giovanni, Vincenzo e Ciro, oggi detenuti, così come le tre sorelle Lena, Patrizia e Giuseppina, finite nei guai insieme ad altre 16 persone nel 2010. Oggi la cosca è nelle mani dei nipoti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome