Antigone in Ucraina

Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Vincenzo D'Anna
Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Vincenzo D'Anna

Abbiamo già scritto sulla tragedia Ucraina e su chi l’ha scatenata, ovvero la paranoica protervia di Vladimir Putin che vive ormai in preda all’ossessione di sentirsi assediato e minacciato dall’Occidente e defraudato del ruolo e della veste  di leader di una super potenza mondiale. Abbiamo anche ipotizzato ed anticipato che la soluzione della crisi può realizzarsi attraverso la decisione dei popoli russo ed ucraino, dell’ostinata volontà di quella gente, di voler vivere in pace ed in uno stato di benessere (conquistato di recente). Soprattutto da parte dei connazionali di Putin e di quel ceto medio-alto che ha, come punta di diamante, gli oligarchi, ovvero quel folto gruppo di imprenditori arricchitisi nei settori dismessi che lo Stato sovietico gestiva in regime di monopolio. Non mancano segnali in tal senso. Sono sempre più frequenti, infatti, i distinguo e le prese di posizione di alcuni “potenti” contro la guerra voluta dal despota del Cremlino. Un processo democratico che prende l’avvio dai danni miliardari che questi nuovi capitalisti stanno subendo in conseguenza delle sanzioni economiche e finanziarie che il mondo occidentale ha deliberato in danno della Russia e dei suoi interessi sparsi in Europa ed in America. Nel mentre la tragedia sembra compiersi nel modo più cruento possibile contro la popolazione civile (donne, vecchi e bambini innanzitutto), si deve segnalare come la popolazione ucraina si comporti non solo eroicamente ma con grande senso di umanità anche nei confronti degli invasori. Sulle varie emittenti televisive si possono infatti seguire gli appelli che le mamme ucraine stanno lanciando verso quelle russe perché vengano a prendersi i loro figli feriti o prigionieri oppure si aprano corridoi umanitari per consentire di raccogliere i corpi dei morti e dar loro sepoltura nella propria patria. Lo stesso dicasi per l’assistenza che quelle stesse madri offrono ai giovani soldati invasori catturati nei combattimenti ed ai quali viene concesso anche di poter contattare le proprie famiglie. Mentre l’opinione pubblica  russa è tenuta all’oscuro dello stato delle cose, le tv e le agenzie di stampa indipendenti chiuse, i manifestanti incarcerati e schedati, ai soldati stessi, inviati nel crogiolo della guerra, è stato fatto credere che sarebbero stati accolti come salvatori e liberatori. Insomma, il ras che governa la Russia ha spolverato tutti i vecchi arnesi della propaganda comunista e dello sviamento propagandistico collaudato nei decenni della “guerra fredda”. A voler stabilire a quale dei due popoli guardare in termini di maggior fiducia e simpatia, la valutazione è piuttosto evidente e l’ago della bilancia vira decisamente verso il popolo degli oppressi più che su quello degli oppressori. Non è con l’umanità del popolo che si vincono i conflitti ma queste prerogative lasciano capire quanto motivate e ferme siano le determinazioni di coloro che difendono la propria terra e la propria libertà. Questa differenza di comportamento si percepisce e come tale si diffonde nel mondo occidentale suscitando slanci umanitari e solidarietà verso l’Ucraina ed il milione di profughi che si rifugia ad Ovest. Nasce da questi dati di fatto la catena di aiuti umanitari che va sviluppandosi in tutte le nazioni dell’Occidente, che si prodigano per offrire il massimo degli aiuti possibili, ivi comprese le armi per contrastare l’invasore. Una volta tanto il governo italiano evita atteggiamenti ipocriti ed equidistanti e si schiera senza remore dalla parte degli aggrediti: non è cosa da poco, questa, per una nazione, la nostra, che strutturalmente dipende dalle fonti di approvvigionamento energetico provenienti dall’Est. In questo orrido frangente, nel quale l’odio e la volontà prevaricatrice di alcuni mette a repentaglio la civile convivenza dei popoli, accertare che il sentimento di solidarietà si rinnova e si rinvigorisce come dato ontologico di talune popolazioni, è una splendida cosa. Quelle madri ucraine che rifocillano i giovani soldati russi prigionieri facendosi parte del dolore e dell’angoscia di altre madri, rappresenta un barlume di luce che squarcia le tenebre. Un evento che sembra tratto dal libro “Cuore” di De Amicis senza il sapore stantio della carità pelosa e della bolsa retorica buonista, ma che, invece, richiama alla memoria le migliori tradizioni di un umanesimo che non è tramontato nella coscienza della gente comune. Chiedere che i morti siano raccolti e che i corpi siano restituiti alle madri ed alle vedove, rinnova la storia di Antigone, l’eroina della tragedia greca di Sofocle: lei reclamava il diritto alla sepoltura delle spoglie del fratello Polinice. Nessuna legge umana poteva contrariare certi principi: nessuno poteva impedire la sepoltura di un cadavere, anche quello di un traditore della Patria. Alle leggi, in democrazia, ed ai tiranni, nella dittatura, non può mai essere consentito di cancellare la pietà umana e con essa l’umanità stessa che la esprime.

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