Augias, su Cutolo quanta superficialità

Interessante trasmissione, quella di Corrado Augias su Napoli andata in onda sabato sera, se non fosse per ciò che, a mio avviso, è stato un incredibile scivolone, credo costruito più per fare audience che per altro. La trasmissione inizia con le meraviglie del chiostro grande di San Martino, prosegue con le citazioni di Eduardo de Filippo, continua con la vita di Giacomo Leopardi durante il periodo napoletano, svela il perché la tomba di Virgilio si trovi a Napoli. Poi, il grande Totò, San Gennaro e tanti altri riferimenti che fanno parte ontologicamente della cultura, intesa in senso autentico, di questa città.. va bene anche l’icona di Maradona, rispetto alla quale i napoletani, tifosi e non, manifestano una vera e propria devozione. Insomma l’arte, la cultura, quella cultura vera di questa città. All’improvviso e senza soluzione di continuità con i predetti argomenti, Augias inizia a parlare di Cutolo mandando in onda le solite e stucchevoli interviste di decenni fa ad alcuni cittadini di Ottaviano che inneggiano a questo criminale, per poi proseguire nel ricostruire la figura di colui che definisce , “il genio del male” senza, però, usare una doverosa quanto necessaria contro narrazione finalizzata a far capire allo spettatore cosa è stata realmente la camorra a Napoli e soprattutto senza descrivere quale fu la risposta degli uomini di Stato che lavoravano a Napoli in quel periodo. Una lacuna davvero imbarazzante. Così facendo Augias ha effettuato un maldestro quanto incredibile e superficiale esame della criminalità a Napoli concludendo che lo “Stato era assente”.
Per carità, nulla da obiettare circa la ricostruzione cronologica di quegli anni, ma inserire la storia di Cutolo tra le icone che hanno “forgiato” questa città mi è sembrato talmente inappropriato al punto da diventare disinformazione. Vorrei ricordare ad Augias che la camorra è soltanto una delle tante declinazioni di un fenomeno criminale trasversale a tutte le società, ben delineato dal nostro codice penale con l’art. 416 bis del codice penale e che è presente in tutta Italia quale modalità operativa delle associazioni criminali con finalità mafiose. Questa narrazione della napoletanità è fuorviante, strumentale alla facile assoluzione di coscienze non immacolate: le coscienze di chi non vuole farsi carico delle responsabilità del marcio che c’è nel nostro Paese. Circoscrivere e caratterizzare come fenomeno prettamente napoletano l’ascesa del potere di Cutolo, dei cutoliani, della NCO e delle variopinte nomenclature che si succedono, distrae l’interlocutore dalla verità: il fenomeno della criminalità organizzata, ahimè, non è limitato alla città di Napoli e dintorni. Non ha cittadinanza esclusiva nell’ammiccante mentalità degli scugnizzi e dei guappi. Ma investe tutto il nostro Paese.
Comprendo il tentativo di risospingere con forza confinando in un limitato ambito territoriale questo fantasma emerso dal passato, vista l’attenzione mediatica suscitata in occasione della recente morte del “personaggio”, fatalmente coincisa con il quarantennale dell’omicidio di mio padre, una delle tante vittime del dovere degli anni di piombo. Ma la retorica dello “sputtanapoli” non è più accettabile. È una visione miope e pericolosa che non rende onore al suo spessore di storico e giornalista. Se Augias non se la sente di affrontare i temi scottanti della Società Moderna in maniera esaustiva e costruttiva, eviti almeno di contribuire ad una narrazione ormai superata e stucchevole. Non pensi di poter offendere l’intelligenza degli italiani oltremodo. Certamente, la completezza di cronaca impone che di una città non si possa e non si debba dire solo il bello, ma quello che si è visto sulla rete di servizio pubblico è un’altra cosa. Cutolo non andava accostato a questi personaggi perché lui non ha creato la storia di Napoli. Sì, Napoli ha “partorito” questo essere ma è per il Paese intero che lui ha rappresentato una tragedia, che è bene venga messa sotto gli occhi di tutti nella sua reale dimensione. Parlare di Cutolo contestualmente alle gesta di eminenti personaggi è stata una cosa di dubbio gusto, avrebbe potuto fare una trasmissione a ciò dedicata, sarebbe stato meglio, per spiegare la storia criminale che ha visto Napoli quale sanguinoso teatro di tutto ciò . Ed allora, perché non intitolare una strada anche a Cutolo?

Antonino Salvia, figlio di Giuseppe Salvia (vicedirettore del carcere di Poggioreale ucciso per ordine di Raffaele Cutolo) e funzionario del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria

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