Banca Etruria, inchiesta sulle consulenze con 17 indagati: c’è di nuovo il padre della Boschi

Il reato ipotizzato è la bancarotta semplice o colposa. I destinatari della notifica avranno a disposizione venti giorni per dimostrare la propria estraneità

Foto LaPresse - Roberto Settonce 07/01/2016 Ponte San Giovanni (Perugia) Cronaca - Pacco bomba fatto saltare dai carabinieri fuori della Filiale Banca Etruria a Ponte San Giovanni quartiere di Perugia Nella foto:l'esterno della filiale banca etruria di ponte san giovanni Photo LaPresse - Roberto Settonce 07th Jamuary 2016 Ponte San Giovanni (Perugia) Parcel Bomb outside Etruria Bank in Ponte San Giovanni Perugia In the pic:outside of etruria bank in ponte san giovanni

AREZZO – Le consulenze, per alcune centinaia di migliaia di euro, decise tra giugno e ottobre del 2014 in vista di una possibile fusione di Banca Etruria con un altro istituto sono finite nel mirino del pool dei pm della procura di Arezzo. Che si occupa della vicenda inerente al crac di Bpel.

Tra gli indagati anche il padre della Boschi

Nell’ambito di questo filone d’inchiesta, negli ultimi giorni a 17 ex amministratori di Banca Etruria sono stati notificati gli avvisi di chiusura delle indagini. Tra gli indagati, da quanto si apprende, figurano anche l’ex presidente di Banca Etruria Lorenzo Rosi e i suoi vice, Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, padre di Maria Elena, ex ministra delle Riforme nel governo Renzi. Oltre a Luca Bronchi, direttore generale della banca fino alla fine di giugno 2014, e al suo successore Daniele Cabiati.

I reati ipotizzati sul caso Banca Etruria

Il reato ipotizzato è la bancarotta semplice o colposa. I destinatari della notifica avranno a disposizione venti giorni per dimostrare la propria estraneità. Un risultato che possono ottenere richiedendo di essere interrogati, oppure presentando memorie difensive. Viceversa, trascorso il termine, si dovranno presentare all’udienza preliminare dal Gip.

L’inchiesta verte sulle consulenze

Al centro dell’inchiesta le consulenze affidate tra giugno e ottobre del 2014. Furono dati incarichi a Mediobanca, che avrebbe dovuto essere l’advisor dell’operazione di un’eventuale fusione, e ad alcuni studi legali per gli aspetti giuridici. Ai 17 indagati si contesta la negligenza nel controllare i risultati di quelle consulenze, che si sarebbero tradotte in pagine spesso pletoriche e ripetitive. Senza apportare un reale contributo al piano di fusione. Per il pool di pm della procura di Arezzo, gli incarichi sarebbero stati inutili, sostanzialmente uno spreco di denaro della banca. Perché dai conti uscirono somme consistenti ma che non avrebbero portato alcun risultato.

L’incarico ricoperto dal padre dell’ex ministro

Il padre dell’ex ministro Maria Elena Boschi, dal 2011 consigliere di Bpel e dal 2014 vice presidente fino alla messa in risoluzione del 22 novembre 2015, quando il Consiglio dei ministri approvò il decreto legge n. 183 che, su proposta della Banca d’Italia, disponeva la risoluzione dello storico istituto di credito aretino. prevedendo, quale strumento per l’assorbimento delle perdite, il ricorso all’azzeramento totale del valore degli strumenti di investimento più rischiosi, le azioni e obbligazioni subordinate, era stato indagato anche nei filoni sul falso in prospetto sulle subordinate e sulla liquidazione dell’ex direttore generale Luca Bronchi.

L’accusa di falso in prospetto

L’accusa di falso in prospetto ha subito l’archiviazione a febbraio scorso. Mentre pochi giorni dopo era arrivata la richiesta di archiviazione a carico di Pierluigi Boschi e dei membri dell’ultimo cda per l’ipotesi di bancarotta legata alla liquidazione dell’ex Dg Luca Bronchi. 1,2 milioni di euro lordi, 700mila euro netti. Il fascicolo è stato stralciato nell’autunno 2018 e la richiesta di archiviazione è partita a dicembre, firmata dal capo della procura di Arezzo Roberto Rossi e dai sostituti Andrea Claudiani e Angela Masiello.

Le condanne in rito abbreviato

Il padre della ex ministra dovrà difendersi adesso da questa nuova accusa. Pur non essendo tra i 25 imputati (ex consiglieri di amministrazione, ex revisori ed ex dirigenti di Banca Etruria) chiamati a rispondere del default dell’ex istituto di credito aretino nel processo in rito ordinario, iniziato lo scorso 2 aprile, che riguarda il filone principale dell’inchiesta. In rito abbreviato hanno subito una condanna per bancarotta fraudolenta a cinque anni l’ex presidente di Banca Etruria Giuseppe Fornasari e l’ex direttore generale Luca Bronchi. E a due anni l’ex vice presidente Alfredo Berni. Mentre per bancarotta semplice è stato condannato a un anno l’ex membro del cda Rossano Soldini.

(LaPresse)

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