Bianchi: “La Dad non è il demonio ma ci sono regole. Sì agli hub nelle scuole”

L'intervento del ministro dell'Istruzione

Foto Alessandro Di Meo/POOL Ansa/ LaPresse Nella foto: Patrizio Bianchi

TORINO – Non fa previsioni, il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi. Del resto, è impossibile descrivere quale sarà la situazione nelle scuole italiane, da qui a fine mese: “Per ora i problemi riscontrati sono gestibili – dice il ministro dell’Istruzione – e siamo attrezzati per affrontare un eventuale peggioramento del quadro”. L’importante è affermare un principio, cioè che “la scuola resta aperta e in presenza, una scelta portante di questo governo”, sottolinea Bianchi nell’intervista con il direttore de La Stampa, Massimo Giannini, per la trasmissione 30 minuti al Massimo (versione integrale su lastampa.it). Di fronte al possibile aumento di contagi e assenze tra studenti e docenti, l’indicazione, che suona come un avvertimento per presidi, sindaci e governatori, è chiara: “Il ricorso alla didattica a distanza non può essere indiscriminato, ci sono regole precise da seguire”. E ancora: “Guardi, io non escludo né affermo niente, ma siamo pronti ad affrontare tutte le situazioni, anche quelle più estreme. In Italia abbiamo 365mila classi, allo stato attuale non c’è questo scenario, poi può darsi che ci sia un aumento nei prossimi giorni, ma il tema non è se ci sarà o meno un maggiore ricorso alla formazione a distanza. Che, comunque, non è il demonio, ma uno strumento da usare in modo specifico e per un tempo specifico”.

E sull’ipotesi di allestire hub vaccinali nelle scuole, Bianchi afferma che “Non è una soluzione impensabile. La Puglia, ad esempio, lo sta già facendo. Vogliamo portare il vaccino il più vicino possibile agli alunni, abbiamo avviato un ragionamento con la struttura commissariale, che ci sta lavorando. Ma bisogna tenere conto delle diverse esigenze tra la fascia 12-19 anni, in cui abbiamo il 74% dei ragazzi con la seconda dose e l’85% con la prima, quindi bisogna solo completare le vaccinazioni, e i bambini più piccoli, per i quali la campagna vaccinale è iniziata da meno di un mese e i numeri sono inevitabilmente più bassi”.

(LaPresse)

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