Cinquanta italiani bloccati in Bolivia: il racconto di Luca, Simone e Valeria

NAPOLI – Il mondo è ormai in lockdown, cioè in blocco totale. A causa dell’epidemia globale in corso infatti, miliardi di cittadine e cittadini sono costretti a lavorare a distanza, a non uscire se non per stretta necessità, a trascorrere a casa le giornate, che ormai sono diventate già mesi. Eppure, vi sono italiane ed italiani che quella casa, nel nostro Paese, ancora non l’hanno raggiunta. “Io e circa altri 50 connazionali siamo bloccati in Bolivia, a causa della chiusura completa del Paese per l’emergenza sanitaria. Non ci sono voli diretti per l’Italia”, spiega il blogger di origine abruzzese Luca Profenna, da La Paz, capitale governativa. ”Grazie alle risposte alle mail degli italiani in Bolivia da parte dell’ambasciata italiana de La Paz, io ed una connazionale ci siamo messi in contatto con tutte le persone nella nostra stessa situazione. L’ambasciatore italiano, Francesco Tafuri, ci ha comunicato che non può organizzare un volo perché siamo troppo pochi, nonostante in altri paesi del Sud America e del mondo la Farnesina abbia attivato dei voli speciali per il ritorno. Non vediamo vie d’uscita. L’umore è pessimo”.

Luca Profenna

Il racconto di Simone

La chiusura delle frontiere boliviane è avvenuta insieme al blocco totale dello scorso 25 marzo,
annunciato dalla presidente temporanea del Governo di Bolivia, Jeanine Anez. In questi giorni, tuttavia, altre ambasciate europee presenti sul territorio hanno messo a disposizione voli appositi per il rientro in patria. “Una famiglia con bambini ha preso un volo per Parigi, tramite l’ambasciata francese, con la speranza di giungere da lì in Italia”, aggiunge Simone, originario dell’Emilia Romagna, da un ostello a Copacabana. “Ci invitano a prendere soluzioni alternative, trovando voli con scali in altre città europee, ma sono opzioni con costi esorbitanti e che non ci offrono alcuna garanzia effettiva di tornare a casa”.

Simone

La quarantena boliviana di Valeria

Anche altre sono le paure di questi viaggiatori: in tutto il Paese, le camere di terapia intensiva
sono soltanto 430, in maggioranza di presidi ospedalieri privati. “Gli ospedali pubblici non dispongono dei mezzi necessari a gestire la crisi sanitaria”, dichiara Valeria, originaria della provincia di Vicenza e che ora è ferma a Sucre, capitale legislativa boliviana. “Anche per questo la libertà è stata molto ridotta dal Governo. Si può uscire a fare la spesa una volta a settimana, dalle 7 del mattino fino a mezzogiorno, a seconda del numero del documento. Sono tanti i controlli che effettua l’esercito, armato, mentre gira le per le strade”.

Valeria

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