Brexit, Johnson chiude il Parlamento: le opposizioni insorgono, migliaia di firme contro lo stop

Intanto in poche ore oltre mezzo milione di persone ha sottoscritto la petizione online

MILANOBoris Johnson sospende il Parlamento britannico. A poche settimane dalla scadenza del 31 ottobre fissata per la Brexit, il successore di Theresa May a Downing Street ha chiesto alla regina Elisabetta II questo stop di cinque settimane per l’aula. E l’ha ottenuto (il via libera della sovrana era una formalità, a meno che non facesse la scelta senza precedenti di schierarsi politicamente). La sospensione comincerà la seconda settimana di settembre, “non prima di lunedì 9 settembre e non più tardi di giovedì 12 settembre”, e durerà fino al 14 ottobre. Il che significa che i parlamentari, che torneranno dalla pausa estiva martedì 3 settembre, avranno meno tempo per bloccare l’ipotetico scenario di un ‘no deal’.

Le opposizioni si scagliano contro il premier Johnson

Insorgono le opposizioni, che martedì si erano riunite accordandosi per approvare al rientro delle leggi che evitassero una Brexit senza accordo. Il presidente della Camera dei Comuni, John Bercow, denuncia un “oltraggio costituzionale”. Il leader laburista, Jeremy Corbyn, parla di “furto con scasso della democrazia”, mentre la numero uno del gruppo degli Indipendenti, Anna Soubry, ex deputata conservatrice, ha affermato che la democrazia è “minacciata da un primo ministro spietato”. “Sembra dunque che Boris Johnson sia sul punto di bloccare il Parlamento per imporre una Brexit senza accordo. A meno che i deputati non si uniscano per impedirglielo la settimana prossima, oggi entrerà nella storia come una giornata buia per la democrazia britannica”, ha detto dal canto suo la premier scozzese, Nicola Sturgeon.

La linea del premier britannico

Johnson la vede però diversamente: i deputati “avranno modo di discutere del programma di governo e del suo approccio alla Brexit prima del Consiglio europeo (in programma per 17 e 18 ottobre ndr.) e potranno poi votare il 21 e 22 ottobre”, inoltre “se riesco a concludere un accordo con l’Ue, il Parlamento potrà allora passare la legge per la ratifica dell’accordo prima del 31 ottobre”.

La richiesta di sospendere il Parlamento

La sospensione del Parlamento non è cosa nuova: solitamente avviene a settembre per le conferenze annuali dei partiti politici. Ma quest’anno, oltre a giungere in un momento cruciale per la Brexit, la sua estensione è più lunga del solito e dura fino a 12 giorni dopo la fine dell’ultima conferenza di partito, quella dei Tory che termina il 2 ottobre. Nel 2018 il periodo di sospensione era durato dal 13 settembre al 9 ottobre, sei dopo il termine dei congressi di partito; e nel 2017 era durato dal 14 settembre al 9 ottobre, cioè cinque giorni dopo l’ultima conferenza.

Migliaia di firme per la petizione online

Intanto in poche ore oltre mezzo milione di persone ha sottoscritto la petizione online contro lo stop pubblicata sul sito del Parlamento britannico: le firme continuano a salire di secondo in secondo, ma è già certo che l’aula dovrà discuterne dal momento che il Parlamento prende in considerazione tutte le petizioni che superino le 100mila sottoscrizioni; il governo dovrà rispondervi, dal momento che è chiamato a rispondere a tutte le petizioni che superino le 10mila firme.

Trump sostiene il premier

Chi invece ha dato il suo appoggio a Johnson poco dopo la mossa controversa è Donald Trump, che lo ha definito “un grande”. “Sarebbe molto dura per Jeremy Corbyn, il leader del partito laburista del Regno Unito, cercare un voto di sfiducia contro il nuovo primo ministro Boris Johnson, specialmente alla luce del fatto che Boris è esattamente ciò che il Regno Unito stava cercando, e proverà di essere ‘un grande’!”, ha scritto su Twitter. E Corbyn gli ha replicato sullo stesso social network: “Penso che ciò che il presidente Usa sta dicendo è che Boris Johnson è esattamente ciò che lui stava cercando, un primo ministro accondiscendente che consegnerà le tutele e i servizi pubblici del Regno Unito alle società Usa con un accordo di libero scambio”.

(LaPresse/di Chiara Battaglia)

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