Buttone messaggera dei vertici del clan

Per i giudici di Roma la donna ha avuto un ruolo fondamentale nella cosca: confermato il 41 bis

MARCIANISE – Non è stato il capo della cosca, ma Maria Buttone all’interno dei Belforte ha avuto comunque un ruolo fondamentale. Quale? Quello di “messaggera e portatrice della volontà del segmento apicale” della compagine mafiosa. E a dare peso a questa funzione c’è, inevitabilmente, il fatto che sia la moglie del boss Domenico Belforte, la vera guida del gruppo (insieme al fratello Salvatore). A tracciare il profilo criminale della donna è stato il Tribunale di sorveglianza di Roma. Lo ha fatto respingendo la richiesta del suo avvocato, Massimo Trigari, tesa ad ottenere lo stop al regime di 41 bis a cui è sottoposta dal 2020. Il collegio presieduto dal giudice Angela Salvio e composto dai magistrati Massimo Di Lauro, Ilaira Perla Pallagrosi e Rossella Pasanisi, che ha confermato il carcere duro, si è espresso anche sulla vitalità del clan, dato che tra i motivi inseriti nel ricorso dal legale c’erano recenti provvedimenti che attestavano lo stop all’azione mafiosa dei Belforte. Tesi che la Sorveglianza ha contestato indicando l’inchiesta che, colpendo due gruppi specializzati nel traffico di droga, lo scorso aprile è sfociata in 23 misure cautelari. Per la Dda le due associazioni avrebbero agito proprio in nome dei Belforte e una era guidata da Giovanni Buonanno, ora collaboratore di giustizia e figlio di uno storico affiliato ai Mazzacane (anche se il gip nell’esaminare gli atti ha escluso l’aggravante mafiosa).

Una cosca viva

Il Tribunale ha ricordato, per dare supporto alla visione di una cosca viva, pure l’inchiesta che il 26 maggio 2020 aveva colpito un’articolazione criminale attiva tra Caserta e Maddaloni sempre inquadrata nei Belforte e diretta, per volere di Antonio Del Ventura, referente del clan nel capoluogo di provincia, da Michele Marativa. Più recentemente, ovvero il 18 gennaio e il 2 febbraio, hanno ricordato i giudici, sono stati arrestati dai carabinieri “otto soggetti ritenuti affiliati al clan e indagati per i reati di mafia e usura”.
Maria Buttone al momento è in carcere in relazione all’ordinanza cautelare derivante dalle accuse di associazione mafiosa e concorso in omicidio. Per i giudici di secondo grado fu su suo input che il marito Domenico organizzò il delitto della propria amante, Angela Gentile, da cui aveva avuto una figlia. Per tale vicenda è stata condannata dalla Corte d’Assise d’Appello all’ergastolo (attende, ora, di affrontare la Cassazione). Il fatto di aver convinto il marito ad assassinare una donna, secondo il Tribunale, contribuisce a dimostrare il suo peso nell’organizzazione.

La tesi della Sorveglianza

Se è stato confermato il 41 bis per Maria Buttone è perché, secondo la Sorveglianza, ad oggi c’è “un concreto rischio che attraverso un regime penitenziario diverso da quello attuale, in considerazione della vitalità del sodalizio di appartenenza, possa agevolmente riprendere i contatti e rendersi attiva nell’ambito del sodalizio in continuità con quanto già avvenuto in passato”. Cosa significa? Che Maria Buttone rimarrà al 41 bis nel carcere de L’Aquila, perché se dovesse vestire i panni di una detenuta comune o collocata nei reparti di alta sicurezza si correrebbe il rischio di farla riuscire a comunicare con altri esponenti della cosca di cui fa parte.

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