Calcio, post-verità e politica

Il commento di Ernesto Paolozzi: "Oggi il calcio ci insegna anche come è facile costruire miti tanto grandi quanto fuggevoli. Il pubblico si divide fra quelli che ci credono e quelli che vogliono crederci per sentirsi felici. E, così, viviamo tutti in un modo irreale. Come in politica dove la post-verità è la verità più pregnante e condizionante di qualunque fatto".

Il professor Ernesto Paolozzi

“Il calcio può insegnarci qualcosa della vita? Certo che si. Tutto ciò che so sulla moralità e sui doveri degli uomini, lo devo al calcio”. E’ la più celebre delle frasi d’amore per il calcio pronunciata da Albert Camus il celebre scrittore francese nato in Algeria nel 1913,che ha giocato, come portiere, nel Racing universitario algerino e, secondo alcune voci, anche nella nazionale algerina durante dei campionati mondiali. Se non si fosse ammalato di tubercolosi, forse non avrebbe fatto lo scrittore e avrebbe continuato a giocare.

Lo straniero

Chi conosce la cifra esistenziale, politica e umana dell’autore de Lo straniero, sa che il grande e tormentato scrittore non poteva indulgere nella retorica secondo la quale lo sport insegna i valori della vita, la lealtà, la correttezza e così via. Il calcio(come lo sport) è, semmai, lo specchio della vita e in quanto tale ci insegna a comprendere la vita in tutti i suoi aspetti. In fondo è la vita elementarizzata. Tutto accade in poco tempo, generosità e cattiveria, furbizia e ingenuità, imbroglio e correttezza, fortuna e sfortuna, gioia e dolore si intrecciano nello spazio di poche ore, con intensità, rapidità senza mediazioni intellettualistiche o moraliste.

Ricordando la sua esperienza con il gioco del pallone afferma,infatti, non senza ironia: “Ho capito subito che la palla non arriva mai da dove te l’aspetti. Mi è servito più tardi nella vita, soprattutto a Parigi, dove non ci si può fidare di nessuno”. Pare che spesso usasse termini più forti.

Il calcio e i miti

Ebbene, oggi il calcio ci insegna anche come è facile costruire miti tanto grandi quanto fuggevoli. Ad ogni stagione ci presentano il più grande giocatore di tutti i tempi, ad ogni partita assistiamo al più grande gol di sempre, alla sforbiciata senza precedenti, alla parata del secolo,all’arbitraggio più scandaloso della storia e ad innumerevoli prodigi di ogni tipo. Il pubblico si divide fra quelli che ci credono e quelli che vogliono crederci per sentirsi felici.

E, così, viviamo tutti in un modo irreale, ma costituito da quella irrealtà che incide nella nostra vita molto più della realtà propriamente detta. Come i bambini, spesso bambini cattivi e crudeli ma pur sempre bambini.

Così in politica dove la post-verità è la verità più pregnante e condizionante di qualunque fatto. Siamo sempre più raffinati. Una volta la politica prometteva meraviglie e poche volte onorava la promessa. Oggi afferma di aver compiuto meraviglie anche se non è vero. Non c’è smentita che tenga, si continua ad affermare il falso con la serenità di chi è in possesso della verità assoluta.

Anche in questo caso gli elettori si dividono fra quelli che ci credono e quelli che ci vogliono credere. La differenza con il calcio consiste essenzialmente nel fatto che in questo mondo della reale irrealtà una certezza esiste: il risultato delle partite, 2 a 1,0 a 0… In politica il risultato potrebbe anche essere una immane tragedia. Ma possiamo sempre salvarci in corner.

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