Intervista a Caldoro: Campania ferma da 5 anni. Solo politiche clientelari

Il capo dell’opposizione in Consiglio traccia il bilancio del governo De Luca: “La Regione gestita come un bancomat”

NAPOLI – Lo stile è quello, inconfondibile, di sempre: posato, sobrio, mai un passo avanti, piuttosto due indietro. Stefano Caldoro parla più da capo dell’opposizione – qual è – che da candidato governatore del centrodestra – quale sarà non appena Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni ufficializzeranno una decisione ormai chiara da ottobre. Ma Caldoro non sarebbe Caldoro se non osservasse scrupolosamente le regole della Politica, per cui con ‘Cronache’ rompe il silenzio che osserva diligentemente da settimane per tirare le somme, non per fare proclami. E, sorprendentemente, si lascia andare a giudizi, sul governo De Luca, che non lasciano spazio ad interpretazioni.

E’ stata appena approvata l’ultima Legge di stabilità di questa legislatura. E’ ora di tracciare un bilancio, dati alla mano.

Ho già avuto modo, in consiglio regionale, di esprimere una posizione molto netta su questa fase finale della legislatura che è la sintesi di un fallimento. Un atto amministrativo modesto senza un significato strategico, un elenco della spesa che non incide nei settori strategici e sulla qualità della vita, una serie di provvedimenti clientelari.

Parole forti, le sue. Come il “Siamo ultimi” ribadito in Aula sette volte. Quale è stato il più grande errore in questi cinque anni?

Su rischio povertà, reddito, occupazione giovanile, salute, assistenza sociale, trasporti e rifiuti siamo ultimi in Italia, per l’Eurostat ultimi in Europa. Un dato che nasce da osservatori internazionali, dalle stime della Banca d’Italia, dai dati Svimez, ed ho ritenuto opportuno, numeri alla mano, ricordarlo in Aula. E’ una fotografia che nasce da uno dei principali errori: aver usato la politica solo come occasione di potere. L’Ente Regione è stato gestito come un bancomat con le risorse trasferite in una logica di scambio e non di strategia di sviluppo. Troppo spesso si è avuta l’impressione di trasferimenti elargiti in virtù di amicizia ed affinità politica con aree che sono state fortemente penalizzate. Immagino i danni prodotti, ad esempio, alla città di Napoli con uno scontro, fra sindaco e governatore, che ha penalizzato i cittadini partenopei. Le legittime richieste di una grande area metropolitana sono rimaste disattese per uno scontro personale.

Inizialmente nel maxiemendamento era stata inserita una deroga alla raccolta firme per la ricandidatura dei gruppi e dei consiglieri presenti in Assise in questa legislatura, poi è stata cancellata in extremis. Che idea si è fatto?

Al netto della proposta, che noi abbiamo ritenuto comunque legittima, è stato inopportuna la scelta della Giunta, non corretto il metodo. L’idea rispondeva ad una richiesta di rappresentanza democratica perché individuava un percorso per incentivare la partecipazione dei cittadini alla politica superando l’aspetto burocratico della raccolta delle firme. Ma l’aspetto più grave è stato quello di eliminare dal testo portato in Consiglio una norma che era stata discussa in Commissione, dai gruppi, e che poteva trovare un forte sostegno in Consiglio. Le scelte delle commissioni e del Consiglio devono prevalere sulle decisioni della Giunta, non può essere un atto unilaterale a sovvertire questo principio.

Peraltro il consigliere Piscitelli ha lasciato la maggioranza proprio per questo…

Sì, ha espresso un forte disagio istituzionale nei confronti della Giunta e della sua maggioranza. Ha contestato un metodo e difeso le regole del Consiglio, le regole democratiche. Le sue dichiarazioni testimoniano le qualità delle sue azioni e la sensibilità della sua formazione politica.

Cosa pensa del processo di fusione delle partecipate Sma e Campania Ambiente e Servizi?

La mia giunta ha iniziato il processo di accorpamento di molte società regionali in particolare nel comparto ambiente, abbiamo immaginato ed avviato il riordino del sistema. Nella misura in questione manifesto una preoccupazione sulle procedure, non sono chiari i criteri di copertura della spesa, non vedo garanzie per i livelli occupazionali e per il futuro.

Come giudica il ricorso al voto di fiducia su testi così determinanti per il futuro della Campania?

Il voto di fiducia è scelta estrema, si chiede in alcune particolari condizioni ed è corretto chiederlo in materia di bilancio, nessuna contrarietà. Il tema, lo abbiamo sottolineato, è venire meno alle prerogative del Consiglio, non rispettare il lavoro delle Commissioni.  

Parliamo di sanità: il presidente De Luca esulta per la fine del commissariamento. Ma è evidente che il comparto vive una discrasia tra il miglioramento dei conti e le condizioni pietose in cui i medici lavorano e i pazienti vengono assistiti, causata da tagli spesso irragionevoli.

La sanità è uno quei sette settori strategici che ho citato. Siamo ultimi in Italia. I campani hanno meno prestazioni, il comparto convenzionato è in forte affanno ed i cittadini sono costretti a pagarsi le prestazioni che dovrebbero essere garantite. I tetti si esauriscono ogni tre mesi e per metà dell’anno l’utenza è di fatto scoperta. Le barelle invadono gli ospedali, questa amministrazione aveva promesso di risolvere il problema che invece è peggiorato, mai così male. Non basta l’impegno del personale medico che è costretto a lavorare in condizioni sempre più difficili. L’uscita dal commissariamento è cosa buona ma arriva con due anni di ritardo, rispetto alle previsioni ed al nostro lavoro, e non migliorerà le condizioni per gli utenti.

A parte le misure di sostegno agli studenti in manovra non c’è una particolare svolta per i trasporti. Cosa servirebbe?

Anche il trasporto pubblico locale è fra i sette comparti che fa registrare le peggiori performance. Siamo ultimi in Italia in termini di efficienza e servizio, in particolare sul ferro. Le immagini dei pendolari, lavoratori e studenti, a piedi sui binari della Circum hanno fatto il giro del mondo. Ci sono continue interruzioni delle linee, manca una visione manageriale. Servirà una maggiore attenzione e capacità di organizzazione sull’ordinario e puntare sugli investimenti, con nuovi mezzi e  più manutenzione. E’ possibile farlo, con serietà e senza false promesse.

Lo farà lei, se dovesse essere eletto, visto che è stato indicato alla Presidenza della Regione Campania da Berlusconi? Anche Lega e Fdi hanno dato un sostanziale via libera in attesa di un vertice nazionale che appare pura formalità…

Ho ringraziato Berlusconi per la fiducia, del sostegno del gruppo dirigente campano ed ho avuto modo di ringraziare Matteo Salvini e Giorgia Meloni per le parole di stima. Concordo con loro, prima la squadra ed il programma, poi i singoli ruoli. Sarà il tavolo nazionale a decidere. Noi nel frattempo dobbiamo, come sempre, lavorare per la Campania.

Se nel 2020 dovesse scrivere lei la nuova legge di Stabilità, da cosa ripartirebbe?

Da una politica concreta di investimenti. Siamo irresponsabilmente fermi da cinque anni. Bisogna immaginare misure come quella dell’accelerazione della spesa, quell’intuizione rimane il più concreto sostegno per i Comuni della Campania. Sui fondi europei si può e deve fare di più ed anche qui i migliori risultati restano quelli del centrodestra. Devono ripartire le opere pubbliche perché sono il volano dello sviluppo e generano occupazione. Ed ancora, si dovrà puntare al miglioramento dei servizi in particolare sui temi dell’ambiente, dei rifiuti, della sanità e del trasporto. Fummo noi a recuperare risorse in Europa, questa è la strada. Credo poi, e anche qui abbiamo le carte in regola,che sia necessario ridurre la pressione fiscale nella parte di competenza della Regione. Per farlo servono idee chiare e credibilità.

Lei conduce da tempo una battaglia sull’autonomia e anche nell’ultimo Consiglio ha criticato le posizioni di De Luca. Che strada va intrapresa?

L’autonomia è una sfida che va accettata nell’interesse del Sud e va fatta con uno spirito leale e competitivo con le regioni del Nord. Ci vuole coraggio per disegnare un assetto più moderno del Paese. Tocca alle regioni del Sud avviare il cambiamento, soprattutto dopo i fallimenti del centrosinistra. Servirà un Sud unito, capace di confrontarsi con regioni come la Lombardia, l’Emilia ed il Veneto che hanno avviato già un percorso. Nei prossimi mesi bisognerà percorrere la strada di un nuovo protagonismo del Sud, superare i ritardi e costruire un meccanismo virtuoso. Tutto questo significa avvicinare le Istituzioni ai cittadini e dare loro più servizi, risposte innovative al mondo delle imprese, garantire diritti. Il mondo è cambiato e pensare di avere un meccanismo istituzionale così rigido e vecchio è un errore che non può essere commesso.

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