Camorra e appalti, La Torre jr ‘accusa’ lo zio del papà

MONDRAGONE – “Papà gli faceva prendere gli appalti”: parole di Francesco Tiberio La Torre, figlio di Augusto, capoclan dei Chiuovi. Frasi, intercettate dai carabinieri, pronunciate dal giovane mentre si trovava in auto con un suo amico, tale Giuseppe Giocondo. La persona che avrebbe ottenuto lavori grazie al boss sarebbe un suo familiare e omonimo: Augusto La Torre (fratello del papà). “Non lo ha mai accusato – dice Francesco Tiberio a Giocondo, riferendosi al periodo in cui il genitore aveva collaborato con la giustizia -. Faceva il geometra […]. Usciva un lavoro là, vai a fare il lavoro, vai a fare il lavoro, vai a fare il lavoro. Gli faceva prendere i lavori con la pala. Poi successe il guaio e lui disse: se ti serve qualcosa per i tuoi figli, a disposizione”. Ma il rapporto non decollò. Il capoclan, stando al racconto di Francesco Tiberio fatto al compagno, era arrivato anche a minacciare lo zio attraverso una missiva speditagli dal carcere. “Gli mandò proprio la lettera e disse: non ci salutare più, appena esco cammini sopra la sedia a rotelle”.

Il figlio del boss a Giocondo riferisce anche delle presunte ricchezze accumulate dal geometra: “Tiene i soldi zio Augusto. Appartamenti con la pala qua a Caserta. […] Sono trent’anni che li ha e non si mangia un euro. Ha sempre quella macchina di centodieci anni fa”. Ma la famiglia del capoclan non avrebbe ricevuto da lui denaro: da qui lo scontro. “Non ci parliamo proprio, sono dieci anni”.
Non è da escludere che le frasi riferite da Francesco Tiberio al compagno (era il novembre 2015) esprimano concetti non veri (magari erano state innescate dal livore provato nei confronti dello zio del papà). Se i carabinieri le hanno inserite nella recente inchiesta sulle attività della famiglia La Torre è per dimostrare la facilità con cui negli anni scorsi Augusto è riuscito a comunicare dal carcere con estrema facilità, anche attraverso l’invio di lettere.

L’indagine che contiene la conversazione intercettata non ha determinato nuove sentenze per il boss (al momento in prigione), ma ha portato a processo il fratello Antonio e il figlio Francesco Tiberio, entrambi condannati in secondo grado per detenzione di armi. Una costola di quell’attività investigativa ha innescato pure un secondo filone giudiziario che ha coinvolto sempre Francesco Tiberio determinando per lui un verdetto di colpevolezza per associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti.
Il geometra Augusto La Torre, zio del capoclan, non è indagato ed è innocente fino a prova contraria.

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