Camorra, i legami tra i Sorianiello e Di Lauro

NAPOLI – All’appello manca soltanto un nome. Quello di Simone Bartiromo, 32 anni compiuti a giugno, divenuto in poco tempo punto di riferimento indiscusso del narcotraffico su Napoli e provincia. Secondo la Direzione distrettuale antimafia, il 32enne di Marano è l’erede naturale di Raffaele Imperiale e Bruno Carbone, anche loro originari della provincia, i due (ex) broker della droga che per anni hanno fatto affari d’oro spostando i propri business lontano dall’Italia, trasferendo tutto a Dubai, tenendosi fuori dalle guerre di camorra, dal piombo, dagli agguati e dalle prime pagine dei giornali, non dai riflettori delle autorità italiane, che la caccia non l’hanno mai interrotta. Imperiale e Carbone, dopo lunghissimi periodi di vita alla macchia, una volta catturati hanno scelto di fare ‘il grande salto’, come si dice in gergo: oggi sono collaboratori di giustizia. Ed ecco che sulla scena criminale napoletana ha iniziato a farsi largo un ragazzo di Marano, all’apparenza dalla vita normale. Una compagna storica, amici pochi ma buoni, profilo basso. Almeno fino a qualche tempo fa. Poi il blitz del 13 gennaio 2021 dei carabinieri nel suo appartamento in zona San Rocco, culminato nella scoperta di dieci foglietti manoscritti fronte-retro, il cui contenuto afferiva la contabilità del traffico di stupefacenti, di somme complessive di diversi milioni di curo, con espresso riferimento a chili, pacchi, polvere, erba.

Altro passaggio cruciale fu nel novembre dello stesso anno, quando sempre i carabinieri eseguirono un’ispezione in un’abitazione a Somma Vesuviana all’interno della quale trovarono Bartiromo e un uomo del Rione Traiano, e un quantitativo ingente di materiale illegale e sospetto: una pistola marca Cz mod.75sp-01 risultata rubata e pronta all’uso e dodici munizioni calibro 9×21, tredici chili di sostanza da taglio, un impianto di video sorveglianza con sette telecamere perimetrali, diversi smartphones e tre katane. Per questa vicenda il maranese finì prima in carcere, poi ai domiciliari. Poco prima del blitz a Somma Vesuviana, i carabinieri intercettarono in strada un uomo a bordo di un’auto nel cui bagagliaio c’erano ben dieci chili di cocaina purissima suddivisa in dieci confezioni da un chilo. Ogni pacco di droga presentava in bassorilievo una svastica e al suo interno una banconota colombiana. Un caso? A posteriori si direbbe di no.
Dopo l’arresto, l’altra sera, di Simone Sorianiello, catturato in un ristorante a Portici dov’era intento consumare la 51esima cena della sua latitanza, l’unico irreperibile del blitz contro la mala del Rione Traiano è Simone Bartiromo.
Dalle indagini sarebbero emerse tutti i suoi contatti. Secondo gli inquirenti, il 32enne faceva affari con il clan Cutolo, con il clan Mele di Pianura, e con le cosche di Bagnoli. E, ovviamente, con i Sorianiello della ‘99’ del Rione Traiano, fino ad arrivare a essere considerato socio in affari di Simone Sorianiello, che ha ereditato lo scettro del potere prima dal padre Alfredo, alias ’o biondo, poi da Giuseppe Mazzaccaro. In una conversazione intercettata dai carabinieri il 29 aprile 2021 (ovvero tra il blitz nell’appartamento di Marano e l’operazione a Somma Vesuviana), vale a dire un ambientale in casa di Sorianiello, Bartiromo parla dei suoi legami con le realtà malavitose di altre zone della città, clan di lungo corso, cosche che hanno fatto la storia criminale di Napoli e non solo: “Io sto appoggiato in mezzo all’arco, sto con Giovanni ’o cavallaro, abito a Marano però sto tutti i giorni là, lì conosco tutti. Io oggi stando vicino a Giovanni riesco a vedere pure dopo”. Il cavallaro di cui parla Bartiromo è Giovanni Cortese, ex gestore degli affari illeciti nel Rione Berlingieri per conto della famiglia DI Lauro, che comunque non risulta indagato nell’inchiesta contro i Sorianiello.

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