Camorra, un gruppo di fuoco albanese scorta un ras dei Mazzarella

I guardaspalle sarebbero stati reclutati tra i killer della ‘batteria di Ponte Milvio’. Il 38enne ha subito un agguato alcuni mesi fa e avrebbe scelto di proteggersi così

Sarebbe andato a pescare fuori regione i suoi uomini di fiducia, un manipolo di stranieri che farebbero parte della cosiddetta ‘batteria di Ponte Milvio’. Parliamo di un ras dei Mazzarella che, di recente, si starebbe facendo parecchio in giro tra San Giorgio a Cremano, dove abita, e San Giovanni a Teduccio. Sarebbero quelli della ‘batteria di Ponte Milvio’ a provvedere alla sua sicurezza, anche perché, qualche mese fa, rimase ferito in un agguato a colpi di mitra e, dopo circa un mese trascorso in ospedale, è stato dimesso. Ma chi sono i guardaspalle del ras 38enne? Un profilo è emerso da recenti provvedimenti emessi per contrastare le ramificazioni della criminalità organizzata nella capitale. “Su Ponte Milvio opera una batteria particolarmente agguerrita e pericolosa con a capo Fabrizio Piscitelli alias Diabolik e della quale facevano parte soggetti albanesi. La batteria era al servizio dei ‘napoletani’ insediatisi a Roma nord”. Albanesi, dunque, esperti nell’uso delle armi e senza scrupoli. Avrebbero fatto parte del gruppo di Francesco Piscitelli, il ras ucciso in un agguato nell’agosto 2019. Dietro questa scelta si potrebbe celare il timore di evitare di finire nuovamente nel mirino, ma contestualmente anche l’intenzione di mostrare i muscoli, palesando una consistente forza militare. Guardaspalle che sarebbero veri e propri killer, soggetti che, già a vederli, incutono timore. Il ras è un personaggio dal notevole spessore criminale che è riuscito a passare indenne attraverso le maglie della giustizia grazie a una personalissima strategia. Originario di San Giorgio a Cremano, non sarebbe personaggio che ama mettersi in mostra a differenza di altri suoi ‘pari’. Anche la sua fedina penale, quasi del tutto immacolata, racconta poco di lui. Le uniche notizie ritenute attendibili dagli investigatori sono quelle raccolte ‘in strada’. Notizie secondo cui sarebbe un soggetto da “prendere con le molle”, uno di quelli che non ci penserebbe due volte a sparare. Attualmente, in base alle ultime informative raccolte, sarebbe a capo di una ‘paranza’ di giovanissimi che opera tra San Giovanni a Teduccio e i comuni vesuviani di San Giorgio e Portici. Dopo l’agguato da lui subito, c’è stato un periodo di inabissamento, fino alle recenti ‘manifestazioni di forza’. Ma perché attingere forze militari a Roma? Con la Capitale l’uomo sarebbe legato a doppio filo. In passato sarebbe stato dislocato proprio a Roma con il compito di occuparsi degli affari illeciti del cartello criminale. Proprio lì, secondo le informazioni degli investigatori, sarebbe stato protagonista anche di uno scontro con i Casamonica. Un altro clan, alcuni anni fa, scelse come braccio armato alcuni guerriglieri albanesi. Sbarcarono all’ombra delle Vele di Secondigliano agli ordini del boss di Cupa dell’Arco per sterminare le batterie di fuoco nemiche e provare a mettere la parola fine alla faida. Almeno questo era l’intento del padrino Paolo Di Lauro che, nel 2004, secondo alcune informative, assoldò un manipolo scelto di killer professionisti e mobilitò tutte le energie per dare l’ultimo colpo allo schieramento rivale. Troppo clamore, troppi morti ammazzati in un territorio dove la regola per vent’anni era stata: “Gli affari si fanno in silenzio”. Troppa attenzione su un uomo abituato a gestire immensi traffici di stupefacenti, da un continente all’altro, nel bunker di via Cupa dell’Arco. Un uomo abituato a vivere nell’ombra, come il ras dei Mazzarella.

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