Casal di Principe, trovato l’arsenale del clan

Casal di Principe, trovato l'arsenale del clan
Casal di Principe, trovato l'arsenale del clan

CASAL DI PRINCIPE  – Una granata di fabbricazione ‘ex Jugoslavia’, due kalashnikov, quattro pistole mitragliatrici, di cui tre di marca “Uzi”,  un fucile a pompa, una semiautomatica e circa 300 cartucce di vario calibro: è l’arsenale del clan dei Casalesi trovato, come anticipato ieri da Cronache, dalla Squadra mobile di Caserta, guidata dal vicequestore Davide Corazzini, e dagli agenti del posto fisso di Casapesenna. Le armi erano nascoste in tre fusti di ferro sotterrati nell’azienda agricola dei fratelli Diana, situata in via Macedonio a Castelvolturno (località Seponi). Carlo, Leopoldo e Pasquale Diana, assistiti dal legale Alessandro Diana, sono indagati a piede libero. Per la Procura distrettuale antimafia di Napoli metterli sotto inchiesta è stato un atto dovuto. Sarà il lavoro dei poliziotti, ancora alle battute iniziali, a definire se l’unica loro colpa è quella di essere gestori-proprietari della struttura dove è stato scoperto l’arsenale (nascosto tre metri sotto terra) o se fossero consapevoli (qualcuno dei tre o tutti) della sua presenza.
Lavoratori dal profilo basso: così vengono descritti i Diana nella loro Casal di Principe. Fu Vincenzo, il papà, a decidere di investire oltre trent’anni fa nel settore delle bufale avviando l’azienda bufalina a Castelvolturno, al confine con Cancello Arnone. E tre dei suoi quattro figli (quello estraneo all’indagine fa il ragioniere) hanno ereditato e deciso di proseguire l’attività agricola. Pasquale, in realtà, aveva tentato anche la strada dell’edilizia, ma senza dedicarci eccessivo impegno.


L’inchiesta dei poliziotti ha fatto emergere anche un loro legame familiare pesante (dal punto di vista criminale). La mamma dei tre germani indagati è parente a Paolo Del Vecchio, papà del boss Carlo, ora in carcere, e di Eufrasia Del Vecchio, commercialista coinvolta nell’inchiesta sul business delle cooperative sociali (risponde di concorso esterno in associazione mafiosa). Ma l’attività investigativa sul ‘Terzo settore’ (condotta sempre dalla Mobile di Caserta) che ha tirato in ballo la donna non si incrocia con il rinvenimento delle armi fatto mercoledì. Vicende diverse. Gli agenti hanno avuto un’imbeccata secca sulla loro presenza. E non è da escludere che provenga da una persona contigua al clan Schiavone, di cui Carlo Del Vecchio storicamente fa parte, che ha deciso di rivolgersi alle autorità giudiziarie.
Le pistole, i fucili, le mitragliatrici e le munizioni trovate a Castelvolturno (granata inclusa)  dimostrano come nonostante il clan dei Casalesi da anni abbia scelto in modo netto di non percorrere più la strada della violenza fisica, prediligendo quella della corruzione per concretizzare i propri business illeciti, potenzialmente è ancora pericoloso. Ha una forza di fuoco dormiente ma solida. E se dovessero tornare in libertà pezzi da novanta dell’organizzazione, con il supporto di qualche testa calda ora  in circolazione, il rischio che la mafia dell’Agro aversano torni a fare danni si farebbe concreto.

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