Casapesenna, arrestato Giuseppe Diana: per la Dda fa parte del clan Zagaria

CASAPESENNA – Della famiglia Zagaria, quella ‘legale’, riconosciuta dalla Stato, Giuseppe Diana, alias Peppe ‘o biondo, ha iniziato a farne parte formalmente qualche mese fa, sposando Raffaella, la nipote del capoclan Michele Capastorta, Invece, in quella mafiosa, sempre targata Zagara, che lo Stato da anni combatte, avrebbe fatto il suo ingresso nel 2009. E per il presunto contributo che, dice la Dda, ha apportato alla cosca fino al 2020, Diana, imprenditore 35enne, ieri mattina è stato ammanettato dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta. Su ordine dell’ufficio gip del tribunale di Napoli, è stato portato nel carcere di Secondigliano con l’accusa di camorra. La misura cautelare rappresenta l’epilogo di un’inchiesta molto complessa, puntellata da numerose dichiarazioni di collaboratori di giustizia e intercettazioni telefoniche e ambientali.

Da vivandiere del boss a uomo d’affari
Peppe ‘o biondo, stando alla tesi della Dda partenopea, nel clan, in prima battuta si sarebbe occupato della cura della latitanza di Capastorta (conclusasi il 7 dicembre 2011) e di raccogliere i proventi legati all’imposizione dello slot macchine sui territori di competenza della cosca casapesennesa. Ma dopo la cattura di Giovanni Garofalo ‘o marmularo, suo parente e braccio destro di Zagaria, e a seguito del fidanzamento con Raffaella, avrebbe scalato molti livelli della piramide malavitosa, passando dal semplice esecutore di ordini al ruolo di colletto bianco chiamato a tenere in vita le casse del clan. E per farlo, questa la tesi della Procura distrettuale, avrebbe avviato numerosi interventi di edilizia, concentrandosi in Toscana e in Emilia Romagna, e destinando parte dei soldi guadagnati, ha sostenuto il gip, proprio alle casse della compagine mafiosa.

L’inchiesta fiorentina
Condotte su cui avevano puntato i riflettori anche i finanzieri del Gico, delegati dall’Antimafia toscana. Ed infatti Diana, quando ieri ha ricevuto la visita dei carabinieri, era già sottoposto ai domiciliari nella sua abitazione di Casapesenna. Ad imporglieli era stato il Tribunale di Firenze dinanzi al quale, a dicembre, comparirà con l’accusa di associazione a delinquere aggravata dalla finalità mafiosa (aggravante che in sede cautelare la Cassazione ha annullato consentendogli la settimana scorsa di lasciare la prigione per gli arresti in casa). L’inchiesta fiorentina, denominata Minerva, che già lo aveva tirato in ballo collegandolo alla mafia dell’Agro aversano, il 20 gennaio scorso è sfociata in 34 misure cautelari. Peppe ‘o biondo fini in carcere con il fratello Raffaele, 38enne (adesso ai domiciliari), e Antonio Esposito detto ‘o suricillo, 48enne (ancora in prigione). Sarebbero stati loro tre, dicono gli inquirenti, a mettere in piedi, al nord, una ‘holding occulta’ in grado di accaparrarsi importanti lavori e di attivare un sistema di false fatturazioni per produrre contanti da reinvestire comprando immobili e terreni. Il tutto, dice la Dda di Firenze, per agevolare il clan dei Casalesi. E per queste condotte i Diana ed ‘o surcillo, assistiti dai legali Guido Diana, Sabato Graziano, Domenico Cesaro e Carlo De Stavola, saranno processati a Firenze.

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