Napoli, le regole del clan invisibile di Miano. Chi alza la testa viene punito: prima una ‘stesa’, poi l’agguato

Un boss ‘fantasma’ a capo del nuovo gruppo. Affari con tutti e con nessuno, al primo errore partono i sicari

Il luogo dell'assassinio di Giuseppe Tipaldi

NAPOLI – Chi prova ad alzare la voce, a voler guadagnare un briciolo di autonomia, a compiere passi da solo, viene ammazzato. Soprattutto quando se ne va in giro affermando di essere il boss. Esibendo in strada e sui social la sua statura di capo. Le punizioni sono sempre in pompa magna, con agguati spettacolari, visibili a tutti, esemplari. Prima, però, a chi sbaglia viene concessa un’opportunità – l’ultima – per rientrare nei ranghi. In caso di riscontro negativo, si mettono in moto i killer. Sono le regole spietate del nuovo clan ‘invisibile’ di Miano, il gruppo criminale che da circa un anno ha iniziato la sua progressiva scalata al potere volta a mettere le mani sulla piazza di spaccio del rione San Gaetano, attiva 24 ore su 24, dove i carichi di droga vengono annunciati intorno alla mezzanotte con le batterie di fuochi. A capo della compagine criminale ci sarebbe un soggetto misterioso, un uomo senza nome, un profilo indicato da molti soltanto con un diminutivo. Tale Genny, stando all’uomo della strada, sarebbe riuscito a mettere su una buona squadra di soldati. Insieme a lui ci sarebbero anche persone dalla carnagione scura, come racconta ‘radio marciapiede’: “Uomini di colore”.

Giuseppe Tipaldi
Antonio Avolio
Salvatore Milano

Salvatore Milano, Antonio Avolio, Giuseppe Tipaldi. Prima ancora, nell’ottobre 2020, Alessandro Riso, uomo dei Cifrone, rimasto ucciso durante una ‘stesa’ inquadrata come risposta dei vecchi Lo Russo al ferimento proprio di Salvatore Milano, colpito (e non affondato) dai sicari poco più di un mese prima. Con ’o Milano i killer avrebbero chiuso definitivamente i conti il 22 aprile. Avolio è stato ammazzato invece il 24 giugno, di mattina, nel San Gaetano, sotto gli occhi di decine di residenti terrorizzati. Tipaldi è stato assassinato venerdì scorso, alle 2,30 di notte, nel circoletto di famiglia in via Janfolla 444, nel suo fortino. In casa sua. In mezzo, la faida ha fatto registrare anche due ‘stese’ sotto casa di Mariano Natale, un passato (come tutti, d’altronde, in odore di mala a Miano) vicino ai Lo Russo. Due avvertimenti: il primo il 9 luglio; il secondo, potentissimo (ventuno colpi), nel pomeriggio del 19 agosto. Pochi giorni prima, il 10 agosto (sempre di pomeriggio) il clan ‘invisibile’ aveva avvisato anche Tipaldi, Peppe ’a recchia, con una raffica di proiettili contro la vetrina del salone di barberia di un suo parente, sito proprio accanto al circoletto in cui è stato ammazzato poche notti fa. La fine della breve egemonia di Tipaldi si è concretizzata meno di cento giorni più tardi. Peppe ’a recchia era uscito dal carcere da qualche mese e già aveva messo le mani sul quartiere. Qualcuno non ha gradito. Anche Avolio era uscito da poco. Forse il suo errore è stato schierarsi dalle parte sbagliata. Le indagini sugli ultimi omicidi conducono dritte al nuovo ras ‘fantasma’. Il clan avrebbe alle spalle un soggetto legato ai Pecorelli. Una nuova formazione criminale che, al momento, non ha un nome definito. Un gruppo i cui affiliati si confondono tra le persone ‘normali’ lavorando come garzoni dei bar o svolgendo mansioni di poco conto. Invisibili persino all’occhio allenato dei residenti. “Sono tra di noi, ma non si fanno vedere. Prima era facile individuarli i malavitosi, perché ostentavano il loro status, avevano segni riconoscibili come un tipo di scooter o un tatuaggio o un tipo di abbigliamento. Adesso appaiono normalissimi e, per questo, sono più pericolosi”, riferisce chi sul territorio ci vive e ci lavora. Un clan invisibile, ben armato e senza scrupoli. Spietato, che ama fare affari con tutti e con nessuno. L’importante è non alzare la testa. In quel caso, si finisce ammazzati.

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