“Centro direzionale di Napoli da demolire”

Francesco Venezia stronca l’area, parlando di un impatto devastante sul paesaggio

Il Centro direzionale di Napoli

NAPOLI (Gianmaria Roberti)- Il Centro direzionale “bisognerebbe solo demolirlo”. A sentenziarlo è Francesco Venezia (nella foto), architetto napoletano di fama internazionale, professore universitario a Genova, Venezia, Berlino, Losanna, Mendrisio e Harvard. Secondo lui, inutile anche programmare un recupero, peraltro a costo di ingenti investimenti pubblici. “Non si investe su un obbrobrio – dice -. Il Centro direzionale andrebbe demolito e sostituito da un insediamento molto più rispettoso del profilo del paesaggio napoletano”. Parole tranchant, ma non inedite. Di Venezia si ricorda un intervento pubblico, di alcuni anni fa. “Feci un duro attacco al Politecnico, dove – rievoca – c’era il solito rituale della speculazione privata. Io chiesi se si rendevano conto di quanto sia devastante il Centro direzionale nel profilo della città. La Regione Campania, il tribunale, hanno eletto i propri uffici in questo obbrobrio, quasi giustificando questo disastro urbanistico”. E c’è un aneddoto. L’affondo “suscitò delle reazioni, era presente il regista Francesco Rosi. Io guardandolo dissi che si era fatto un film come Mani sulla città, che era molto duro, perché c’era una speculazione dei privati. Ma la speculazione del pubblico è molto più devastante”. Il celebre cineasta, autore di quel film-denuncia, “era seduto in plaeta, rimase zitto e muto. Io speravo che lui reagisse, e invece non reagì”. A distanza di tempo, Venezia è più agguerrito che mai. “Il centro direzionale è molto più devastante dei quartieri speculativi privati, perché – sostiene – è una selva di grattacieli che va a cancellare quella che è la meraviglia di Napoli: il profilo della Costiera sorrentina, Capri. Quando si passa dall’autostrada si vede questo spettacolo indecente, un pugno nell’occhio. Allora poiché è una speculazione pubblica, può rovinare Napoli?”. Questione a latere: lo stato di abbandono dell’area, tra sporcizia, prostituzione e criminalità. “C’è molto degrado, tra le altre cose – ne conviene l’architetto -. Io sono andato nei sotterranei, dove sono i parcheggi. E anche quella è una zona terribile”. Insomma, Venezia non salva nulla. E non è solo un problema di estetica. “Il centro direzionale di Napoli, purtroppo, è stato fatto quando i centri direzionali erano ormai in crisi – spiega-. Perché, in altre grandi città italiane, sono stati fatti molti anni prima. E sono stati fatti quando radunare tutte le funzioni in un certo posto era oltremodo importante”. Viceversa, “nell’epoca della comunicazione digitale, stare riuniti tutti in un posto, non ha senso. Perché se sto a 10, a 50 chilometri di distanza, lo stesso comunico magnificamente”. Quindi “questo centro direzionale, che – sottolinea il professore – è stato realizzato con un certo ritardo rispetto agli altri centri direzionali, ha pagato lo scotto di questa sua ‘non funzionalità’, perché nessuno aveva bisogno di concentrare in un posto banche, uffici, la Regione. Sarebbe stato sufficiente avere un collegamento telematico”. Girando per il mondo, le cose non stanno sempre così. “Io ho visitato il Centro direzionale di Abu Dhabi, ed era una cosa magnifica – aggiunge Venezia-: tutti edifici di due piani, con verde, palmeti, giardini. Ed era spettacolare vederlo, aveva un aspetto magico”. Difficilmente replicabile, a queste latitudini.
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