Cyberbullismo e bodyshaming, scuola e giornalisti a confronto

L’inviato di Striscia Luca Abete: “Condannare non basta, cerchiamo le cause”

NAPOLI – Ordine dei giornalisti e mondo della scuola uniti contro il cyberbullismo. Se ne è parlato ieri mattina, al Teatro Comunale di Caserta, al corso di formazione professionale rivolto a giornalisti e docenti sul tema “Bullismo, cyberbullismo e body shaming: il ruolo della scuola e le regole deontologiche dell’informazione”.

Dopo l’introduzione della docente e giornalista Sabrina Pietrantonio e i saluti di Francesco Apperti, in rappresentanza del dirigente dell’ufficio scolastico provinciale di Caserta Monica Matano, e dell’assessore Enzo Battarra, anche a nome del sindaco Carlo Marino, ha preso la parola il presidente della commissione giuridico-economica dell’Ordine dei giornalisti della Campania Ugo Clemente. “La commissione – ha detto – è nata con lo scopo di creare momenti di formazione e promuovere un confronto interdisciplinare su temi particolarmente sensibili. Con gli studenti dell’istituto comprensivo “Collecini-Giovanni XXIII” di San Leucio abbiamo organizzato un evento che coinvolge sia il mondo della scuola che quello dell’informazione. Temi attuali, come quelli della tutela dei minori e del bullismo, di cui forse si parla troppo poco”.

“Oggi abbiamo una grossa responsabilità, nei confronti dei telespettatori e dei lettori – ha detto Luca Abete, cronista del tg satirico di Canale 5 “Striscia la notizia” : la comunicazione, purtroppo, gioca molto sull’esasperazione dei toni e dei contesti. Si dice “denunciamo il bullo” ma non si cerca di individuare cosa lo ha portato a tenere comportamenti del genere, per evitare che capiti in futuro”.
Per Domenico Marotta fra le caratteristiche fondamentali del bullismo ci sono “la mancanza di compassione e l’intenzione di fare del male, il potere che il bullo esercita e la condizione di debolezza della vittima. Il bullo ha una buona capacità di legare a sé i soggetti che non sono accettati dalla società e che, nella speranza di diventarlo, lo assecondano. Il web amplifica la violenza psicologica, garantendo l’anonimato”.

Bisogna quindi agire “sulla genitorialità, sui sistemi di protezione e sull’individuazione dei segnali d’allarme”. Secondo il procuratore aggiunto della Dda di Foggia Silvio Marco Guarriello “ciò che nella percezione comune viene considerato spesso soltanto goliardia è in realtà un reato. Per affrontare il problema ci sono due strumenti: la prevenzione, affidata alle scuole, e la repressione, quando il danno è già stato fatto. Le istituzioni scolastiche sono sentinelle, che devono segnalare alle famiglie questo tipo di situazioni”.

L’avvocato penalista Antonello Fabrocile ha illustrato alcune lacune nella normativa in materia: “Non esiste una funzione di garanzia in capo al provider”, che non è tenuto a controllare il contenuto di quanto messo in rete. L’educatrice dell’Istituto penale per minorenni di Airola Rosa Vieni ha spiegato che nei fenomeni di bullismo, cyberbullismo e body shaming “c’è un capobranco che identifica un ‘nemico’ e lo attacca: un comportamento primitivo. Anche in Rete c’è chi condivide i video e sostiene le gesta del bullo. Dinamiche che si manifestano anche negli istituti penali. Nel nostro, ad esempio, tra il 2016 e il 2018 c’è stata una contrapposizione tra gruppi di detenuti. Uno scenario che rifletteva quanto avveniva all’esterno, come le famigerate stese. Per contrastare il fenomeno abbiamo organizzato degli incontri con la psicologa e l’istituto ne ha beneficiato molto”.

“Nella legislazione scolastica – ha ricordato il preside dell’istituto Collecini Antonio Varriale – il tema del bullismo è entrato nel 2007. Allora non c’erano i social network, ma i cellulari avevano le videocamere e si potevano catturare e diffondere immagini e video. L’opinione pubblica rimase sconvolta da ciò che avveniva nelle scuole, chiedendo più rigore e sospensioni. Il ministero, però, non ha creduto nell’allontanamento dei giovani dalla scuola. Prima le scuole erano il teatro degli episodi di bullismo. Con l’avvento dei social sono diventate ‘vittime’ di un fenomeno che si svilluppa soprattutto in rete. E’ per questo che poi, nel 2015 è arrivato il piano di orientamento del ministro Giannini. I docenti devono diventare antenne: il personale scolastico è portatore di una conoscenza che i genitori non hanno, perché osservano i ragazzi in un contesto ‘tra pari’”.

Dopo l’intervento del comandante della polizia municipale Luigi De Simone la chiusura è stata affidata a Ottavio Lucarelli (nel tondo in alto a destra), presidente dell’Ordine dei giornalisti della Campania: Il rapporto tra il mondo del giornalismo e quello della scuola è fondamentale e il tema del bullismo è importante perché tocca questioni delicate e di cui bisogna parlare. Oggi si accusa spesso la stampa di raccontare solo cose negative, ma l’errore più grave di un giornalista è quello di non raccontare”.

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