“Eh i giovani, eh il reddito…”

Qualche settimana fa un amico mi racconta di aver raggiunto una remota località dell’entroterra campano con la necessità di fermarsi a pernottare. Raggiunto un assolato edificio, trova il proprietario alle spalle della struttura, di recente costruzione, intento a spostare travi e mattonelle. Lo raggiunge sudato, bofonchia qualcosa e gli tende il braccio in segno di cortesia (non la mano, perché era madida di sudore come la sua fronte). “Eh, questo reddito di cittadinanza CI HA RO-VI-NA-TI”. Il buon uomo, forzando un italiano che era evidente non appartenergli del tutto, rende quindi consapevole il suo ospite che nessuno è più disposto a lavorare a giornata, o meglio a lavorare a giornata messo a posto, perché tanto il sussidio dello Stato basta e avanza.
I dati relativi al 2021 recitano più o meno (fonte: YouTrend) che sono più di un milione e un quarto le famiglie in cui arriva un Reddito di Cittadinanza. Mediamente, di circa 575 euro.

Se ci sono persone che si accontentano di tale cifra, o l’arrotondano a nero, probabilmente vuol dire che sono sempre state abituate a vivere nell’ombra dello Stato. Nell’ombra della legalità. Perché, davanti a un lavoro regolarmente retribuito e che permette quindi al lavoratore di accedere a una importante serie di tutele, difficilmente 600 euro possono bastare.
Contestualmente, esplodeva (di nuovo) l’ennesima bolla sugli stagionali introvabili. Alla stagione estiva ne mancano circa 350mila. La colpa, secondo buona parte della stampa, ricade chiaramente su giovani che non vogliono lavorare e sul Reddito. Un editoriale di un quotidiano nazionale, che premetteva di dover mantenere eque distanze tra i punti di vista per restituire la verità sostanziale dei fatti, chiosa con la stucchevole “assenza della cultura del lavoro nei giovani”.

Già buttare tutto e tutti nel calderone è riprovevole, ma facciamo un passo indietro. Ai nostri giovani viene quindi rimproverato di essere causa del problema del comparto turismo per la poca abnegazione e il poco sacrificio. La “mancanza di cultura del lavoro”. Questi giovani possono vantare addirittura un sistema scolastico che del lavoro fa un obbligo con l’Alternanza Scuola Lavoro, e sul modo in cui è stata declinata in questi anni ci sarebbe già tanto da dire. Non solo, ma possono vantare anni e anni di contratti di lavoro di tipologia stage, tirocini formativi, apprendistato e altre amenità varie di cui l’Italia è emblema per varietà e quantità. Salvo poi comprendere dove tutta questa “formazione sul lavoro” vada a finire. A questi giovani, così combinati principalmente a causa nostra, viene fatta una testa enorme di chiacchiere sulla formazione. Ovunque. Per ogni motivo. Ed oggi li si accusa di un male endemico italiano al pari dei percettori del Reddito perché in un settore restano scoperte 350mila posizioni.

Settore dove, per una semplice consecutio logica, non si può certo aspirare a una carriera lavorativa. Il mercato non esiste e dove esiste è difficile credere in una crescita professionale quando ogni anno, per sopperire alla carenza di personale, ci si rivolge ai giovani, a quelli che “dovrebbero dedicarsi” a un’esperienza per il solo avere “l’onore” di assaggiare un mondo lavorativo che li disprezza e da cui sono macinati già durante l’iter di crescita.
Strano, però, che il discorso della mancanza di stagionali si ripresenti ad ogni primavera e che si dicano sempre le stesse cose. Viene da chiedersi se, in fin dei conti, a parte dare la colpa di non voler lavorare a intere categorie, bisognerebbe fare un mea culpa tra chi il lavoro lo eroga.

La segretaria di Filcams Cgil di Ferrara, Maria Lisa Cavallini, ha scritto di suo pugno al Resto del Carlino queste parole: “La diffusa irregolarità nel settore, il diffondersi del sistema di applicazione di ‘contratti pirata’, un’elevata precarizzazione del lavoro, il ricorso al lavoro in appalto con l’utilizzo di personale non assunto direttamente dall’impresa, fino ad arrivare al lavoro nero: con questo tipo di assunzioni diventa difficile fare della propria passione il proprio lavoro, al contrario queste hanno portato a un progressivo impoverimento del lavoro e inevitabilmente reso meno interessanti le opportunità occupazionali, che un settore importante come il turismo invece potrebbe offrire”.

A voler generalizzare, quindi, nell’ombra dello Stato ci sguazzano un po’ tutti. L’amico di cui sopra, dopo aver sentito lo sfogo dell’albergatore sul reddito di cittadinanza, chiese del resto se poteva pagare con Pos. E quest’ultimo ha risposto: “Beh, si, però poi sono costretto a registrarla, insomma, ci siamo capiti…”.

*esperto di comunicazione digitale
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