“Dalla pentita Anna Carrino soldi al boss Bidognetti”

L’ipotesi degli investigatori: il denaro veniva versato su una carta prepagata e D’Angelo provvedeva a girarlo al detenuto. La donna informata dal genero sulle dinamiche mafiose sul Litorale e nell’Agro aversano

CASAL DI PRINCIPE – Lasciò la roccaforte del clan tra l’8 e il 9 novembre 2007: Anna Carrino si mise alla guida di un’auto e raggiunse Roma. Ma fu una fuga brevissima: due giorni dopo, infatti, proprio nella Capitale, venne arrestata e portata in carcere. Per la Dda di Napoli non era soltanto la compagna di Cicciotto ‘e mezzanotte, al secolo Francesco Bidognetti, ma anche la sua messaggera: si preoccupava di raccogliere gli ordini del boss, già detenuto all’epoca al 41 bis, e riportarli agli affiliati che terrorizzavano la provincia casertana con omicidi ed estorsioni.

Il pentimento dopo la fuga da Casale

La Carrino, nel 2008, mentre si trovava nella prigione di Rebibbia, decise di troncare definitivamente i rapporti con il mondo mafioso e iniziare a collaborare con la giustizia. Ma secondo i carabinieri del Gruppo di Aversa, l’ex compagna di Cicciotto ‘e mezzanotte, anche da pentita, in realtà, non ha mai reciso del tutto i suoi rapporti con Casal di Principe. L’ex lady mafia, oggi 58enne, si sarebbe tenuta in contatto con la figlia Teresa e con il genero Vincenzo D’Angelo, detto Biscottino.

Le intercettazioni

I militari dell’Arma, infatti, mentre indagavano sul nuovo assetto della cosca Bidognetti, hanno intercettato diverse conversazioni telefoniche proprio tra la Carrino e D’Angelo. E in quella datata 6 settembre 2020, ritenuta di estrema rilevanza investigativa, il genero, hanno ricostruito i carabinieri, l’ha messa a conoscenza delle dinamiche criminali del clan riguardanti l’agro aversano e il litorale domizio. La collaboratrice di giustizia non sarebbe stata solo aggiornata di ciò che succedeva all’interno della cosca, ma, ipotizzano i militari del Gruppo di Aversa, avrebbe anche versato denaro ad alcuni suoi familiari detenuti per mafia. Come sarebbe avvenuto questo passaggio di denaro? Secondo i carabinieri attraverso prepagate intestate a D’Angelo: su tali carte, questa è l’idea degli investigatori, la Carrino e anche Filomena Bidognetti, sorella di Cicciotto, versavano denaro che successivamente veniva dirottato da Biscottino ai loro parenti detenuti. Di chi si tratta? Stando all’ipotesi dei carabinieri, i quattrini di Carrino e Filomena Bidognetti sarebbero arrivati a Francesco Bidognetti e ai figli Aniello (che Cicciotto ‘e mezzanotte ebbe dalla moglie Teresa Tamburrino, scomparsa agli inizi degli anni Novanta) e Gianluca (avuto dal capoclan proprio con la Carrino).

A dare sostegno a questa tesi c’è pure un’intercettazione del 10 settembre 2020 nella quale Filomena Bidognetti chiedeva alla nipote Teresa l’invio dei dati di un’altra Postepay in quanto l’altra che aveva era stata bloccata. E nello stesso giorno si registra sullo stesso tema anche una conversazione tra D’Angelo e la Carrino. Dopo che discutono sul cibo da inviare in carcere e su cosa poteva o non poteva entrare in prigione (“Ma le alici marinate entrano?”, “… Ma i gamberoni sgusciati entrano?”, “… L’importante è che entrano, quelli sono calamari e gamberetti”), l’ex compagna di Cicciotto chiede informazioni al genero su una carta: “Sentimi un po’ – dice la Carrino -, ma la carta, quella là, Bancoposta, ma non funziona più a te. Mandamela perché quella là mi dice non valida”. E Biscottino le risponde che le invierà i dati della nuova: “No. Ve ne devo mandare un’altra. Adesso prendo la nuova e ve la mando. E’ cambiata”. Praticamente lo stesso problema che aveva riscontrato Filomena Bidognetti. Questa circostanza, secondo i carabinieri, fa presumere che Carrino abbia inviato denaro ai familiari detenuti, in particolare si ipotizza in favore del figlio Gianluca.

Mafiosa pentita e mamma

Se la ricostruzione dei militari dovesse rivelarsi vera, ci ritroveremmo in una situazione a dir poco insolita. Avremo una donna che nel suo ruolo di collaboratrice di giustizia ha oggettivamente aiutato gli inquirenti, fornendo loro informazioni importanti, a contrastare il clan dei Casalesi in una delle sue fasi più sanguinarie (quella dove impazzava l’ala stragista diretta dal bidognettiano Giuseppe Setola).

Ma quella stessa donna, le cui dichiarazioni vengono ancora oggi utilizzate dalla Procura per strutturare le indagini che combattono la mafia, sarebbe vista anche come una ‘pentita’ che non ha reciso del tutto il suo legame con il mondo criminale.

A spingerla a tenere in piedi questa connessione probabilmente ha contribuito, ripetiamo, se le ipotesi dei carabinieri dovessero rivelarsi vere, il suo sentimento materno (perché con il capoclan Bidognetti ha avuto tre figli, Teresa, Katia e Gianluca).

Un amore che forse l’ha spinta a mostrare vicinanza al figlio carcerato (perché con Teresa ci parlava al telefono) nell’unico modo che riteneva possibile: garantirgli denaro per una detenzione più agiata (e sarebbe da investigare, poi, pure la provenienza di quei soldi: sono quelli che lo Stato le dà – o le ha dato – per mantenersi da collaboratrice di giustizia – e in questo caso ci sarebbe un leggerissimo cortocircuito: denaro per combattere la mafia che finisce ad un mafioso in carcere -, o provengono da altre fonti di reddito?).

A far luce su questa vicenda sicuramente potrà contribuire ora proprio D’Angelo: poche settimane dopo il suo arresto, avvenuto nel novembre 2022, ha iniziato a collaborare con la giustizia. Ha già fornito informazioni che hanno contribuito a far scattare nuovi arresti, come quello di Emilio Martinelli ‘o barone, ritenuto il nuovo capo dell’ala mafiosa sanciprianese, e di Nicola Pezzella, detto Palummiello, considerato uno degli elementi di spicco della cosca Schiavone. E sicuramente potrà chiarire (forse l’ha già fatto) il motivo per cui metteva al corrente la Carrino delle dinamiche criminali e se la suocera, come ipotizzano i carabinieri, realmente le versava denaro da inviare ai suoi familiari che si trovavano in carcere.

L’agguato alla sorella e alla nipote dimenticato

– La mamma è sempre la mamma. E il cuore di una mamma perdona tutto. Frasi fatte, trite e ritrite, ma aiutano a capire meglio il caso di cui ci occupiamo: Anna Carrino, collaboratore di giustizia, che si tiene in contatto con la figlia Teresa (già condannata nel 2020 a 3 anni e 4 mesi per ricettazione – nell’ambito di un’indagine sul clan dei Casalesi) e che manderebbe, ipotizzano i carabinieri, soldi al figlio Gianluca, detto Nanà, mentre si trovava nel carcere di Terni (da dove, sostiene la Dda di Napoli, ha guidato fino al 2022 la cosca fondata dal papà Cicciotto).

Se realmente lo ha fatto, come presumono i militari dell’Arma, significa che, forse, proprio per il sentimento materno, non è riuscita a troncare i rapporti con i figli che a differenza sua avevano scelto di non staccarsi dalle logiche mafiose. Ma è riuscita a dimenticare, e verosimilmente a perdonare, quanto proprio Gianluca fece alla sorella Maria e alla nipote Francesca. Ci riferiamo all’agguato che organizzò Giuseppe Setola a Villaricca: da poco si era pentita proprio Anna Carrino e voleva ‘punirla’ uccidendole alcuni familiari. E nel tentativo di farlo coinvolse pure Nanà. La notte del 30 maggio 2008 il commando raggiunse l’abitazione a nord di Napoli dove vivevano le due donne. Bussarono al cancello, Francesca e Maria scesero e iniziarono a sparare (fortunatamente rimasero solo ferite).

I contatti della Carrino con Teresa Bidognetti e con Vincenzo D’Angelo sono emersi nell’ambito dell’indagine, coordinata dal pubblico ministero Maurizio Giordano, che a novembre del 2022 ha fatto scattare oltre 30 misure cautelari, con l’obiettivo di fermare i nuovi business illeciti condotti dalle cosche Bidognetti e Schiavone. E tra i destinatari di quelle misure cautelari c’erano proprio Gianluca Bidognetti, considerato l’attuale leader dell’organizzazione messa in piedi dal papà ergastolano, il cognato D’Angelo, che ha iniziato a collaborare con la giustizia (e lo ha seguito in questo percorso anche la moglie Teresa Bidognetti) e pure Francesca Carrino (poi assolta) che Nanà aveva tentato di uccidere nel 2008. Ed è un’indagine che ha pure già determinato 26 condanne in primo grado: Gianluca Bidognetti ha incassato 12 anni di carcere, la sorella Teresa e D’Angelo 4 anni a testa (non figura nell’elenco delle persone coinvolte nell’inchiesta Anna Carrino).

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