Davos: Covid e inflazione preoccupano la ripresa globale, ma c’è fiducia

A Davos si torna a discutere, virtualmente, di ripresa economica globale. Le prospettive mondiali continuano a essere messe alla prova dalla pandemia e dall'inflazione.

(Salvatore di Nolfi/Keystone via AP)

MILANO – A Davos si torna a discutere, virtualmente, di ripresa economica globale. Le prospettive mondiali continuano a essere messe alla prova dalla pandemia e dall’inflazione. Di inflazione hanno parlato soprattutto Christine Lagarde, presidente della Bce, e Haruhiko Kuroda, presidente della Bank of Japan. L’Unione europea deve evitare un’inflazione troppo elevata, mentre il Giappone affronta il problema opposto.

Kristalina Georgieva, direttrice operativa del Fondo Monetario Internazionale, osserva che “la risposta a questa crisi, finora, è stata tutt’altro che ortodossa. È stata diagnosticata correttamente all’inizio della pandemia, come uno shock sia dell’offerta che della domanda”. E alla platea digitale del World Economic Forum, aggiunge: “In modo altamente coordinato, sia le banche centrali che le autorità finanziarie hanno risposto in un modo che ha impedito al mondo di cadere in un’altra grande depressione. dobbiamo essere guidati dai dati ed essere flessibili, abbiamo bisogno di flessibilità politica”.

Giudica l’operato della Federal Reserve “responsabile, perché l’inflazione negli Stati Uniti si sta trasformando in una preoccupazione economica e sociale”. Sottolinea come le azioni della banca centrale statunitense abbiano effetti significativi sia per gli Stati Uniti che per “per gli altri paesi. Soprattutto per quelli che hanno un alto livello di debito denominato in dollari. E lì, potrebbe gettare acqua fredda su quella che, per alcuni paesi, è già una debole ripresa”. L’azione di Jerome Powell ha lo scopo di “combattere l’inflazione ma proteggere la ripresa, è qualcosa di cui sono sicuro che la Fed è molto consapevole”, commenta la direttrice operativa del Fondo Monetario Internazionale. Non manca di criticare alcune delle scelte della seconda economia mondiale, la Cina. Il suo rallentamento è una preoccupazione per il paese e per il resto del mondo”, ed è “dovuto a due motivi: le interruzioni causate da Covid e la politica ‘zero Covid’, se c’è qualche focolaio deve essere isolato, con tutto l’impatto che ne deriva. Inoltre, i consumi non stanno riprendendo come previsto”.

Christine Lagarde ha chiesto e si è chiesta se “le strozzature e l’energia renderanno l’inflazione sostenibile”, aggiungendo che la banca centrale monitorerà il trend dei salari. “Non c’è nulla che lasci pensare che l’inflazione possa sfuggire al controllo”. Andando a guardare bene i dati, spiega Lagarde, “un gran contributo arriva dall’energia”. “La ripresa è stata sbalorditiva. In un certo senso, siamo vittima del nostro stesso successo”, ha aggiunto la presidente della Bce. Lagarde ha anche sottolineato che “la partecipazione alla forza lavoro si sta avvicinando ai livelli precedenti la pandemia. La ripresa dell’economia si sta confermando più forte di quanto qualsiasi persona si sarebbe potuta aspettare”. Quando i criteri della forward guidance saranno soddisfatti “naturalmente dovremo agire, e abbiamo effettivamente iniziato”. Tra un paio di mesi arriveranno nuove proiezioni, e se saranno diverse “a quel punto dovremo rivedere la tabella di marcia”, ha spiegato Lagarde. “Quando vediamo quel 5% su base annua a dicembre, dobbiamo chiederci da dove proviene, è probabile che duri? Stiamo cercando di capire quanto durerà. Questo sarà fondamentale per comporre la risposta politica che sarà necessaria”, ha aggiunto la presidente Bce.

Per Kuroda, la politica monetaria del Giappone, “estremamente accomodante” ha funzionato “abbastanza bene per rinvigorire l’economia, ma il tasso d’inflazione è ancora lontano dal nostro obiettivo del 2%”. E la politica proseguirà ancora: “Ci aspettiamo che l’inflazione nell’anno fiscale 2022, così come nel 2023, sia ancora intorno all’1%”. Il Giappone non ha “paura dell’inflazione”, e continuerà la politica monetaria espansiva “finché non raggiungeremo il tasso d’inflazione del 2%.

LaPresse

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