Filippine, Duterte confessa gli abusi. Il partito Gabriela chiede le dimissioni

Il presidente filippino ha rivelato di aver molestato una cameriera

House Majority leader Rodolfo Farinas talk gestures during a House of Representatives hearing in Manila on March 8, 2018. The Philippine Supreme Court chief justice vowed to fight "bullying" and save judicial independence as President Rodrigo Duterte's congressional allies launched an impeachment process on March 8 to remove her from office. / AFP PHOTO / NOEL CELIS

MANILA – Il presidente filippino, Rodrigo Duterte, è accusato dalle organizzazioni contro le molestie sessuali di tentato stupro e di istigare agli abusi sessuali. Duterte, non nuovo a barzellette sullo stupro e dichiarazioni discriminatorie, questa volta ha raccontato che quando era adolescente entrò di nascosto nella camera di una cameriera. Mentre questa dormiva, e la molestò. Ha detto di “aver sollevato la coperta”, di “averla toccata nei pantaloni” e quando “si è svegliata aver lasciato la stanza”.

Il partito Gabriela chiede le dimissione di Duterte

Ha aggiunto di averlo raccontato a un prete e di essere poi tornato nella sua stanza per tentare di molestarla di nuovo. Il partito Gabriela, incentrato sui diritti delle donne, ha chiesto le sue dimissioni. Il portavoce di Duterte ha risposto che la storia è stata “inventata” per farne “un aneddoto” che secondo lui avrebbe dovuto far ridere. In relazione al fatto che abusi sessuali siano stati inflitti a lui e ai compagni quando era alle scuole superiori.

La confessione del presidente filippino

Il presidente ha raccontato le molestie sessuali da lui inflitte alla cameriera mentre si scagliava contro la Chiesa cattolica per gli abusi sessuali sui minori. Definendola “l’istituzione più ipocrita”. Ha anche raccontato, sabato, che lui e i suoi compagni di scuola avevano subito molestie durante confessioni con i preti. Condanne contro le sue affermazioni misogine e istigatrici agli abusi sessuali sono arrivate al controverso presidente anche dai gruppi a difesa dei lavoratori e delle lavoratrici domestiche. Nonché dalla Coalizione contro il traffico di donne nell’Asia Pacifico.

(Lapresse/AFP)

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