Francesca: “Tre mesi per la Cig”. Per Inps è normale aspettarne 2

Il dirigente dell’Istituto: “La normativa impone procedure e tempi”

NAPOLI- Quanto tempo ci mette l’Inps a ricevere, valutare e infine erogare la Cassa integrazione? Per i lavoratori troppo, per l’ente i tempi sono rispettati. La pandemia da Covid-19 è iniziata da un anno e questa eterna diatriba non trova soluzione di continuità. Cronache ha più volte preso la testimonianza di lavoratori cassintegrati alla canna del gas, in attesa dei versamenti della Cig (ordinaria e in deroga) per mesi. Solo ieri, Antonio Gargiulo della GiraService di Napoli ci ha raccontato la sua personale vicenda e quella di altri 140 lavoratori. In attesa che i funzionari dell’Inps partenopea rispondano alla nostra mail per avere un riscontro e tranquillizzare Antonio, è la dirigente dell’Inps Campania, Maria Giovanna De Vivo, a rispondere alle nostre domande. Anzi, una su tutte: perché la cassa integrazione arriva sempre in ritardo? “Attendere 2 mesi per l’erogazione della cassa integrazione ci può stare, il tempo medio è un mese e mezzo. L’addetto Inps deve sapere quante ore ha lavorato il lavoratore che deve ricevere l’integrazione salariale, la retribuzione del mese precedente quindi. Ha poi bisogno di dati come l’iban, il dato anagrafico e poi rilascia l’autorizzazione. Quando ha fatto l’Sr41 il lavoratore avrà accreditato nel conto in banca l’integrazione salariale”, sottolinea la dirigente Inps. “L’abbiamo sempre spiegato in maniera trasparente. Noi facciamo il nostro lavoro con il massimo dell’impegno, rispettando le norme e rispondendo ad un’utenza che sappiamo benissimo essere disagiata e per la quale abbiamo profondo rispetto. Non è giusto essere chiamati ‘burocratesi’”, aggiunge De Vivo. Resta, però, un fatto. Ovvero la realtà. Per un lavoratore fermo, senza stipendio, attendere uno, due, tre, quattro o cinque mesi per la cassa integrazione è una tragedia di vita senza eguali. E se, come fa notare la dirigente De Vivo, i dirigenti Inps sono costretti a rispettare una norma stringente, allora viene da chiedersi come mai il presidente nazionale Pasquale Tridico (e l’ex premier Giuseppe Conte o Mario Draghi) non ha fatto notare che forse la norma è sbagliata, il sistema lento, l’Istituto elefantiaco. Risposta non c’è, Tridico è ancora lì mentre la Pasqua dei lavoratori italiani cassintegrati si preannuncia amara e triste. Maria Francesca Di Costanzo, lavoratrice al Teatro Stabile di Napoli, ovvero Mercadante e San Ferdinando, ci racconta la sua odissea con la Cig.

Quanto tempo per gli accrediti?

Io lavoro con un’agenzia, ho un contratto a tempo indeterminato part-time su turni per un servizio di sala al Teatro Stabile. Ho anche una partita Iva. Quando è scattato il lockdown ero perplessa, non sapevo se ricadevo nel settore dei lavoratori autonomi o dipendenti. Il mio contratto part-time mi ha automaticamente fatto finire in Cig, quindi mi sono fatta il segno delle croce ed ho aspettato per mesi il primo versamento. L’ironia della sorte ha voluto, tra l’altro, che il mio corrispettivo da lavoratore dipendente valesse meno di quanto avrei potuto prendere come lavoratore autonomo con i bonus. Ma non fa niente.

Quanto ha atteso durante la prima ondata Covid?

Ho ricevuto a luglio 2020 la Cig di aprile, mentre quella di marzo 2020 è arrivata direttamente a novembre. Quindi, tre mesi per un versamento e sei per un altro. Ai limiti dell’assurdo.

Inps dice di aver velocizzato i tempi adesso. Le risulta?

Sì, è vero. Ma comunque bisogna aspettare parecchio. Il 7 dicembre ho ricevuto il pagamento di maggio-giugno 2020. Il 28 gennaio 2021 quella del 15-30 giugno. Il 25 febbraio 2021 pagamento della cig 2 novembre-31 dicembre 2020. Ieri hanno accettato la richiesta da gennaio a marzo. Quindi per metà aprile, spero, avrò quella del 2021. In ogni caso, non ho mai aspettato meno di due mesi. In alcuni casi di più.

E’ dura?

Onestamente sì. Io e mio marito, fortunatamente, abbiamo uno stile di vita moderato, avevamo messo qualcosa da parte e non abbiamo fitto né un figlio da mantenere. Se anche una sola di queste cose fosse venuta meno, non avrei saputo come fare. Non nascondo che il futuro mi preoccupa. Tutto il settore dello spettacolo è in ginocchio, i lavoratori del comparto intrattenimento e cultura sono disperati. Vogliamo lavorare e vogliamo che i nostri diritti siano riconosciuti fino in fondo dallo Stato.

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