Gli alambicchi di Salvini

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse Nella Foto: Matteo Salvini

E’ certo vero che l’epoca in cui viviamo si caratterizza come quella della velocità, del profluvio di notizie che ci giungono massivamente attraverso i cento nodi di una rete telematica capillare e pervasiva. Un contesto che illude molte persone che la cultura, ovvero l’erudizione consapevole e ragionata, possa venire da questo tipo di conoscenza frettolosa e caotica, senza alcun momento di opportuna riflessione ed approfondimento. Non è un caso che certa parte dell’opinione pubblica si formi proprio attraverso questi meccanismi superficiali di apprendimento, ovvero per sentito dire. Una società liquida, come l’ha definita il sociologo Zygmunt Baumann, è appunto tale per la progressiva scomparsa, già in epoca scolastica, degli elementi di base della conoscenza, prima tra questi la storia, maestra di vita, e le discipline che educano al ragionamento. Ma tant’è, la politica intesa come strumento razionale ed utile al governo della società, non può non risentire della trasformazione e della limitazione della conoscenza che è in atto, né sul piano della qualità culturale dei protagonisti della scena politica né della furia iconoclasta mediante la quale sono state azzerati i partiti organizzati su base democratica e partecipativa. Uno stato di fatto che vale ancora di più per quelle forze politiche nate come frutto stesso dell’anti politica. Un malmostoso sentimento, questo, formatosi secondo i canoni dell’italico e sempre verde qualunquismo ingigantitosi poi attraverso la nuova pseudo cultura che permea la rete social. Nella prima repubblica la lega Nord, separatista e scissionista, fu il primo tra questi movimenti nati dal continuo appello alla pancia del popolo, alle idiosincrasie, alle paure, ai pregiudizi che caratterizzano determinate comunità. Nella seconda repubblica questo ruolo di rottura lo ha svolto il Movimento 5 Stelle e la combriccola affaristica che l’ha organizzato con l’aiuto dell’istrione Beppe Grillo che aizzava piazze e malcontento. In quest’ultimo caso il successo dell’operazione è stato più veloce proprio perché si sono sfruttate le enormi potenzialità dei social per aizzare rancori ed odii di massa e per divulgare una storia della politica artefatta e mendace. Un operazione, quella di Casaleggio & C., che ha trovato ben disposti larghi strati della società i quali, avendo perso i punti di riferimento clientelari ed assistenziali a causa della perdurante crisi dei partiti e della economia , invocavano un repulisti generale per poter sperare nell’elargizione di altre convenienze, come la percezione di redditi di cittadinanza senza lavoro. La politica certo ha avuto le proprie colpe utilizzando i benefici effetti che le derivavano dal bipolarismo tipico del maggioritario, con il suo portato di stabilità amministrativa e di democrazia decisionale affidata direttamente nelle mani degli elettori. La nascita di partiti personalizzati, meri simulacri di quello di un tempo che, ancorché tanto esecrati dal giustizialismo e dal moralismo, potevano ben essere emendati e non cancellati, ha trasformato l’essenza stessa della politica. Per dirla in breve: la lotta tra idee e valori si è trasformata in guerra alle persone senza esclusione di colpi, anche mediante l’uso strumentale e complice di certa magistratura. La forzata rielezione di Mattarella ha forse rappresentato il culmine di questo andazzo e l’impotenza, l’inadeguatezza delle forze politiche, si è manifestata in tutta la sua tragica dimensione. Ora, ciascuno cerca di correre ai ripari e purtroppo lo fa con i limiti culturali e metodologici a cui abbiamo accennato all’inizio, agendo come figli del proprio tempo. Ne consegue che non arriva un’analisi, un dibattito, una riflessione su quanto accaduto (anche durante la partita del Quirinale) e quanto potrebbe accadere di questo passo in futuro. Arriva invece, veloce e rabberciata, un’ipotesi di soluzione per “tamponare” la contingenza. Come se le cose odierne non affondassero nel vissuto di questi anni di scelte politiche ed organizzative sbagliate, nelle destrutturazione della storia e delle ragioni dei movimenti politici italiani, nell’abiura di un passato del quale neanche si aveva memoria e contezza. Per capirci: nessuno si pone il problema che occorre cambiare la formula dei partiti personali, ritornando ad entità democratiche, men che meno che il sistema elettorale proporzionale abbia creato frammentazioni, inutili leaderismi e successiva ingovernabilità. Ed ecco allora che senza neanche fermarsi un attimo, si riaprono estemporanei “laboratori” ove distillare nuove formule politiche, contenitori che prescindono dai contenuti. Insomma a destra si adottano i rimedi storicamente adottati dalla sinistre che ad ogni debacle elettorale si inventavano rimedi e nuove icone politiche da imitare cercando conforto nei vari Blair, Jospin, Macron e Zapatero. Dagli alambicchi di Salvini, invece, pare esca il distillato di un partito repubblicano. Ma sembra più un’americanata che un’idea ragionata.

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