Guarita dal Covid, ma senza green pass: è l’Asl di Caserta il vero ammalato

La storia della docente precaria al Nord: tampone negativo il 31 dicembre ma prigioniera dell’inefficienza dell’azienda sanitaria

Nicoletta Petrella e Ferdinando Russo

CASERTA (Clara Mattei)– Guarita da giorni dal Covid eppure ‘fuorilegge’ suo malgrado, tagliata fuori dalla vita sociale e costretta a una estenuante via crucis fatta di telefoni che squillano a vuoto, informazioni inesatte e dipendenti pubblici che fanno spallucce. E’ la storia di Nicoletta Petrella (nella foto), docente casertana in servizio in Lombardia, che dal 31 dicembre non combatte più col Covid ma con l’Asl di Caserta. Nonostante il suo ultimo tampone molecolare abbia dato esito negativo, non ha ancora ottenuto il certificato di fine quarantena ma, soprattutto, non ha riottenuto il Green Pass, senza il quale non può salire sull’aereo che dovrà riportarla al lavoro al Nord.

Nicoletta, quando hai scoperto di essere positiva al Covid?

Appena sono scesa dall’aereo che da Milano Malpensa mi ha portato a Capodichino, il 23 dicembre. Per salire a bordo ovviamente avevo fatto un tampone, risultato negativo, ma quando sono arrivata a Napoli mi sono accorta di avere un fastidiosissimo mal di gola. Poiché il giorno dopo sarei stata a pranzo con più persone, per la Vigilia di Natale, ho pensato che fosse meglio ricontrollarmi. E ho prenotato un antigenico in un laboratorio privato del mio paese, Grazzanise.

Hai avuto subito il risultato, il 24.

Certo, positiva. E pensare che all’accettazione mi hanno fatto anche storie perché dicevano che era inutile fare tamponi solo con un mal di gola, vabbè… Sono una persona prudente per natura e ho fatto bene a fidarmi del mio istinto. Tornata a casa, ho chiamato il mio medico di base per informarlo e a lui ho fatto il nome di mia madre in quanto mio unico contatto. Il dottore ha ‘caricato’ entrambe sulla piattaforma dell’Asl dicendoci di aspettare la chiamata dell’Asl per il tampone molecolare.

Che è arrivata quando?

Mai. Nè il 24 nè il 25 si è sentito nessuno. Ho pensato: vabbè, è Natale, perciò non chiamano. Allora ho deciso di fare quello che, purtroppo, si è costretti a fare troppo spesso dalle nostre parti: usare le conoscenze. Chiama l’amico, chiama l’amico dell’amico, alla fine del giro mi hanno detto di andare l’indomani ad Aversa perché, con l’inserimento del medico di base in piattaforma, di fatto sei censito e puoi sottoporti al tampone. Sono andata il 26, ho fatto una fila di due ore in condizioni assurde, con gente che urlava chiedendo il distanziamento. Fatto il tampone sono tornata a chiudermi in casa, in attesa del risultato. Il giorno dopo, il 27, l’Asl mi ha convocato per il tampone che avevo già fatto. Ho chiesto lumi per mia madre, in quarantena, la risposta è stata: siamo pieni, la chiameremo. Quello è stato l’unico e ultimo contatto che ho avuto con l’Asl di Caserta. Mi hanno chiamato da un numero privato dunque non ho potuto neanche ricontattarli successivamente.

Poi cosa è successo?

Il 30 dicembre mamma ha terminato i suoi 7 giorni di quarantena. Io cominciavo a sentirmi meglio, quindi ci siamo procurate dei test da fare a casa, risultati negativi, e abbiamo deciso di ritentare la strada di Aversa. La situazione ci è apparsa subito insostenibile, troppa gente, tutta assembrata, più della volta precedente. Siamo andate via. Pensiamo di fare un molecolare a pagamento alla clinica Pinetagrande di Castelvolturno ma quando arriviamo sono finiti. Ci andiamo nuovamente la mattina dopo alle sei. Due ore e mezza di fila, 50 euro ciascuno, esito in serata. Negative.

Finito l’incubo insomma…

Macchè… è cominciato proprio allora. Il 29 dicembre mi è stato ritirato il green pass. Una mail del ministero della salute mi ha avvertito. Col tampone negativo del 31 dicembre ho ottenuto un green pass provvisorio di 72 ore, alla scadenza mi sono ritrovata di fatto esclusa dalla vita sociale nonostante sia guarita.

Hai provato a metterti in contatto con qualcuno?

A Capodanno ho chiamato il numero verde del ministero della salute, il 1500: una dipendente gentilissima, in smart working, mi ha detto di parlare con il mio medico di base perché lui avrebbe dovuto ‘caricare’ in piattaforma il mio tampone negativo. Lui, con comodo, due giorni dopo ha detto che non gli spetta. Mi sono attaccata al telefono chiamando tutti i numeri possibili e immaginabili dell’Asl di Caserta, ma nessuno sa dirmi cosa devo fare. Le risposte variano da “siamo oberati di lavoro” a “è un problema di tutti” a “aspetti”. Ma io devo prendere un aereo e tornare in Lombardia per lavorare, quanto altro devo aspettare? Sono guarita da quattro giorni ma è come se non lo fossi. Di Covid si muore sempre meno, ma qua rischiamo di morire di burocrazia, dimenticati.

Il dg tace, ma la responsabilità è soltanto sua

Se la situazione non fosse tragica si potrebbe fare facile ironia. Ma quando si parla di salute non c’è battuta che tenga, quindi eviteremo di pensare che i panettoni e i torroni di questi giorni abbiano indotto al coma glicemico chi rappresenta l’Asl di Caserta. Perché è vero, una struttura del genere, ampia e capillare, è fatta di tante persone, ma nel sistema verticistico con cui è organizzata la nostra società bisogna guardare sempre a monte. E’ chi comanda che si prende onori e oneri. E’ Ferdinando Russo (nella foto), direttore generale retribuito con le tasse pagate dai casertani (e neanche poco, parliamo di 150mila euro all’anno) colui a cui spetta dare risposte e far funzionare la macchina. Ma Ferdinando Russo non risponde al telefono, esattamente come i suoi dipendenti, lasciando nel limbo migliaia di contribuenti che non sanno cosa fare in un momento emergenziale che dura da quasi due anni. E pensare che il governo Draghi ci ha provato a sterzare, comunicando con largo anticipo a cittadini e istituzione locali ogni nuova disposizione. Mica come quando c’era Giuseppe Conte, che alle 21:45 del sabato sera annunciava agli italiani cambiamenti che avrebbero rivoluzionato la vita di ciascuno? Ciò nonostante, si continua a navigare a vista. Si continua ad essere impreparati, si continua a non saper dare risposte. E meno male che si tratta del lavoro di queste persone, mica di un hobby. Il tracciamento dei contatti, per esempio, era saltato già a ottobre del 2020, con la seconda ondata, quando l’Asl di Caserta non neanche li chiedeva i nominativi di chi era stato a contatto con i positivi accertati. Una follia, specie per i luoghi di lavoro, dove il tutto era (è) rimesso al buon senso dei singoli. Un anno dopo la situazione non è cambiata, l’ondata è ormai la quarta e i contatti sono fantasmi, persino quando a infettarsi è qualcuno in un asilo nido. Siamo all’assurdo. “Non sappiamo”, “Abbiamo troppo lavoro da gestire”, non possono essere risposte. Non si può scherzare così con la salute e la vita delle persone, specie quando quelle persone fanno il massimo per rispettare le regole. Le ‘bancarelle del torrone’ nel settore pubblico non possono più essere ammesse. Chi domanda deve avere risposte, chi resta in silenzio non ha mai ragione.

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