Guerra in Libia, le vittime sono 21

Le forze del generale Haftar hanno bombardato diverse città. Dura la risposta del premier Sarraj

(Photo by Mahmud TURKIA / AFP)

TRIPOLI – È salito ufficialmente a 21 il numero delle vittime dell’attacco aereo delle forze del governo contro l’esercito del generale Khalifa Haftar. Siamo nella zona dell’aeroporto, chiuso da ormai 5 anni, e a Wadi Rabea.

Paura e tensione in Libia

La tensione è altissima anche perché tra le persone rimaste uccise ci sarebbero anche 4 civili. Le forze armate del governo di accordo nazionale di Sarraj hanno annunciato una controffensiva che sarà rabbiosa e che mirerà a eliminare gli aggressori. Il premier libico ha accusato ufficialmente la Francia di essere sostenitrice del generale Haftar contro le cui forze armate, contemporaneamente è stata dichiarata guerra dal colonnello Mohamed Gounomou. Secondo i media locali, le forze di Haftar hanno bombardato anche la zona di Naqliya e di Ain Zhara. La paura è tanta, le scuole rimarranno chiuse per una settimana mentre è già partita la corsa agli approvvigionamenti con benzina e generi alimentari i prodotti più ‘ambiti’.

L’attacco verbale del premier libico alla Francia

Il premier libico Al Sarraj ha peraltro accusato il generale Haftar di ‘tradimento’. Lo ha fatto in un discorso televisivo per poter arrivare a poi occhi e orecchie possibili: “Abbiamo steso le nostre mani verso la pace – ha detto Al Sarraj – ma dopo l’aggressione da parte delle forze di Haftar e la sua dichiarazione di guerra contro le nostre città e la nostra capitale non troverà nient’altro che forza e fermezza”.

Nessuna voglia di fare passi indietro, dunque, e la situazione che è destinata a peggiorare. Testimonianza ne è la scelta del comando statunitense in Africa che ha annunciato un temporaneo arretramento delle truppe: “Un contingente di forze statunitensi – si legge in una nota ufficiale – si è temporaneamente trasferito in risposta alle condizioni di sicurezza. Continueremo a monitorare le condizioni sul terreno e a valutare la fattibilità di una rinnovata presenza militare degli Stati Uniti, a seconda dei casi”.

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