Il ‘sacrificio’ involontario di Norina e la resa di Marco Di Lauro

Il raptus di Tamburrino ha innescato un effetto domino che ha portato alla cattura del super latitante

Nei riquadri: a sinistra Salvatore Tamburrino, al centro Norina Matuozzo e a sinistra Marco Di Lauro

NAPOLI – Poco meno di tre ore. E’ il lasso di tempo trascorso dal momento in cui Salvatore Tamburrino si è consegnato agli investigatori a quando Marco Di Lauro, il superlatitante di Secondigliano, è finito in manette all’interno di un’anonima palazzina di via Emilio Scaglione, nel quartiere di Chiaiano. Due episodi apparentemente slegati ma che, in realtà, sono due capitoli della stessa storia. Il motivo è che Tamburrino, l’uomo che ieri mattina ha ucciso la sua compagna in un raptus di follia, non è solo un uxoricida ma anche, e forse soprattutto, un esponente di primo piano della cosca di Marco Di Lauro. Non solo. Gli stessi investigatori che per anni hanno dato la caccia al quarto figlio del padrino Paolo Di Lauro hanno sempre ritenuto Tamburrino uno dei pochi a conoscere dove si nascondesse Marco Di Lauro. A lui, come riferito anche da diversi collaboratori di giustizia, il compito di provvedere alle prime necessità del boss e della sua famiglia per sopportare le austerità di una latitanza durata più di 14 anni. Un ruolo che Tamburrino si è guadagnato sul campo e, in particolare, durante la faida con gli Amato-Pagano. In un’intercettazione ambientale raccolta all’interno dell’auto di Luigi Petrone, cognato di un altro dei figli di Paolo Di Lauro, Vincenzo, è proprio Tamburrino che riferisce al suo interlocutore la strategia ‘stragista’ decisa da Cosimo Di Lauro all’indomani del duplice omicidio di Fulvio Montanino e Claudio Salierno, la scintilla che appiccò l’incendio della faida. Tamburrino, inoltre, è la persona che accompagna un allora giovanissimo Marco Di Lauro a ‘caccia’ di persone che possano aver visto qualcosa che possa permettere all’organizzazione criminale di identificare i componenti del ‘commando’ che ha ucciso i loro due ‘amici’. Intercettazioni che sono alla base del suo coinvolgimento nella maxioperazione del dicembre del 2004, quando centinaia di uomini in divisa circondano il rione dei Fiori per mettere dietro le sbarre i boss Di Lauro e i loro gregari. Tamburrino finisce in manette ma uscirà di galera poco dopo. Marco Di Lauro, invece, inizia una latitanza che durerà più di un decennio. I due, secondo gli investigatori, non si sarebbero mai persi di vista anche perché, dopo l’arresto di Cosimo Di Lauro, Tamburrino entrò alle dirette dipendenze del superlatitante.
Eppure, nonostante la scalata all’interno dell’organizzazione, il ras è sempre riuscito a sfuggire alle maglie della giustiza nonostante le numerose incriminazioni che, per anni, gli sono piovute sulla testa. Il suo nome, non a caso, compare anche nell’ultima operazione che ha coinvolto l’organizzazione del rione dei Fiori e i vertici della ‘Vanella Grassi’. Tamburrino, pur non essendo indagato, è indicato da diversi collaboratori come uno dei vertici del sodalizio. Ieri mattina, però, la capitolazione anche se non per merito delle forze dell’ordine. A farlo ‘cadere’, questa volta definitivamente, un nemico più subdolo, la gelosia. Da tempo il ras stava vivendo una situazione familiare non facile. Sua moglie ha deciso di lasciarlo nonostante i due figli ancora minorenni. Una ferita dolorossima che il ras non riesce a guarire e che, anzi, lo porta al punto di rottura. Si mette in auto e si dirige verso l’abitazione dei suoi ex suoceri a Melito dove la madre dei suoi figli, la 33enne Norina Matuozzo, si è trasferita. E’ armato, Tamburrino, ormai incapace di reggere l’idea dell’abbandono. Ha deciso di farla finita ma vuole uscire di scena con un gesto clamoroso. Vuole ammazzarsi dinanzi alla sua ex compagna. Quando, però, raggiunge l’abitazione della donna qualcosa succede e il suo intento suicida si trasforma in furia omicida. La uccide con tre colpi di pistola prima di darsi alla fuga. Una fuga che, però, dura poco perché dopo nemmeno un’ora il suo legale contatta la polizia riferendo che l’uxoricida è pronto a consegnarsi. Lo portano in questura e, qui, Tamburrino inizia a parlare e a spiegare il motivo del suo gesto. Negli uffici di via Medina, però, accade anche qualche altra cosa. Un’improvvisa eccitazione coglie gli investigatori pochi minuti dopo che Tamburrino è stato portato in Questura. Il suo folle gesto ha innescato un incredibile, quanto fortunato, effetto domino che ha permesso agli investigatori di trovare, dopo anni e in maniera del tutto inaspettata, una traccia del superlatitante e, soprattutto, di localizzare il suo rifugio che è più vicino di quanto si pensasse. Inizia una frenetica corsa contro il tempo perché le forze dell’ordine temono che l’organizzazione, preoccupata dalla vicenda di Tamburrino, possa decidere di spostare il superlatitante. In pochi minuti, insieme ai carabinieri del comando provinciale e ai militari della Guardia di Finanza, viene organizzata una ‘task force’ di una sessantina di uomini, molti dei quali scelti tra quelli che per anni hanno dato la caccia al boss. Le auto vengono fatte convergere in via Emilio Scaglione mentre un elicottero sorveglia la scena dell’alto.
La paura che è che, anche questa volta, come già accaduto in passato, il boss riesca a dileguarsi prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. Paura che, però svanisce quando gli investigatori fanno irruzione nel piccolo appartamento e, dopo anni di caccia, si trovano finalmente davanti il superlatitante. Marco Di Lauro è sorpreso ma comprende subito che è finita. Non oppone resistenza e, anzi, come mostrano alcuni filmati realizzati dagli stessi investigatori, scambia anche qualche parola con chi gli ha appena messo le manette. Con lui c’è quella che ormai è sua moglie, la ragazza che anni fa decise di lasciare i genitori per condividere il destino del superlatitante. Quindi la corsa in Questura dove una folla in attesa vuole vedere il volto di colui che, ormai, era stato soprannominato il ‘fantasma di Secondigliano’.
Dove sia stato e cosa abbia fatto in questi 14 anni ci sarà tempo per scoprirlo. Così come ci sarà tempo per dare un nome e un volto a chi, per anni, ne ha coperto le tracce. Quello che è certo è che la cattura di Marco Di Lauro, anche se avvenuta in circostanze del tutto inaspettate, ha messo fine a una vera e propria odissea investigativa iniziata una notte di dicembre del 2004.

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