Il tramonto del regionalismo

Il professor Ernesto Paolozzi

La tragica vicenda dell’epidemia da coronavirus 19 che ha travolto l’Italia e si appresta a travolgere l’Europa, ha messo a nudo la fragilità del regionalismo italiano. Le amministrazioni regionali si sono mostrate del tutto inadeguate a fronteggiare la questione, Lombardia e Veneto in testa, e, peggio che andar di notte, hanno notevolmente intralciato l’azione del Governo il quale, pur commettendo qualche errore, ha saputo reagire con prontezza, serietà e trasparenza. Le regioni governate dalla lega si sono mostrate superficiali, demagogiche ( vedi la mascherina protettiva indossata in diretta dal presidente della Lombardia) e, tese più a salvaguardare l’ immagine politica e gli interessi economici della regione che non la salute dei cittadini. Aggravando, così la situazione e, di conseguenza anche l’economia.

Fummo in pochi, anni fa, a schierarci contro la riforma del titolo V, riforma costituzionale che toglieva, per dirla all’ingrosso, molti poteri alla Stato centrale per devolverli alle regioni. Non si trattava di essere in astratto a favore o meno del federalismo o del decentramento amministrativo. Si trattava di comprendere l’impatto che una tale riforma avrebbe avuto concretamente in una nazione come l’Italia nella quale il sentimento nazionale era ancora fragile e, soprattutto, le classi politiche locali del tutto inadeguate. Soprattutto al Sud, devo dire. La preoccupazione principale, infatti, era quella di aumentare il divario fra nord e sud (cosa peraltro ampiamente avvenuta) consegnando le regioni del Sud a piccoli potentati, ad arruffoni e narcisisti che non sarebbero stati all’altezza della nuova situazione. E, infatti, così è stato. Quello che non potevamo prevedere è che col passare del tempo anche le classi politiche del nord deperissero fino a giungere al livello di oggi. Non solo, ma la regionalizzazione ha indirettamente accresciuto il sentimento antinazionale, separatista, tutto sommato razzista, che da anni, con la nascita della Lega nord, ha devastato la convivenza civile del Paese.

Al nordismo campanilistico e razzista di una parte del nord ha corrisposto la rinascita nel Mezzogiorno di un sudismo cialtrone e superficiale che è entrato nelle menti dei cittadini fomentando rabbia e delusioni. Il danno morale e sociale creato da questa situazione è difficilmente quantificabile ma, probabilmente, supera quello economico .Sarà difficile recuperare il terreno perduto, ma il dramma che stiamo vivendo potrebbe per quei paradossi che la storia propone e che, poi, tanto paradossi non sono, spingerci a cambiare rotta, a tornare ai valori fondanti della nostra convivenza civile, a ricostruire un tessuto di relazioni umane da troppo tempo lacerato. Sul terreno strettamente politico sarebbe il caso che i partiti, soprattutto quelli di Governo, rivedano la questione dell’autonomia differenziata che, sostanzialmente, significa dare più poteri e risorse alle Regioni del Nord che oggi reclamano l’aiuto di tutti gli italiani. Basta inseguire i leghisti credendo, così, di sottrarre consensi e voti al loro partito. Avviene esattamente il contrario e, come si è visto, si danneggia l’intero Paese nord compreso. Vico diceva che ci sono traversie che diventano opportunità.

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