Iniziano gli spari al cuore dell’ambiente

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NAPOLI – Sta per iniziare la stagione di caccia in Campania, prevista secondo il calendario venatorio per la terza domenica del mese di settembre. I cacciatori, trepidanti di sparare, avevano fatto pressione per anticipare la data d’inizio concessa dalla giunta regionale. Tanto che, per ben due volte, è stata pubblicata una delibera di preapertura, poi annullata grazie al ricorso delle associazioni animaliste e ambientaliste, il tutto solo in quindici giorni. Secondo le associazioni “la Regione continua a sprecare tempo e risorse solo per fare regali alla lobby venatoria”. Non c’era, infatti, alcun presupposto per avere supporto da parte dei rappresentanti politici. Il primo tentativo c’è stato per permettere la caccia da sabato 2 settembre, il secondo per anticiparla a sabato 9. La preapertura avrebbe riguardato tre specie di uccelli: il merlo, la ghiandaia e la tortora. La pubblicazione della seconda delibera da parte della giunta di Vincenzo De Luca è avvenuta venerdì 8 settembre, solo un giorno prima dalla preapertura concessa.

Le associazioni

Ma le associazioni Lipu (Lega italiana protezione uccelli), Wwf e Enpa (Ente nazionale protezione animali) sono subito intervenute attraverso il ricorso al Tar presentato dall’avvocato Maurizio Balletta. Le associazioni animaliste sperano di eliminare del tutto la caccia nella penisola, ma al momento hanno le mani legate. L’unica opportunità è quella di ottenere un referendum, strada tentata per due volte ma che non ha mai portato a risultati concreti. Nel 2020 i cacciatori in Campania erano 41.420. Un numero esponenziale se pensiamo a quanti animali possono uccidere così tante persone ogni anno. L’attività venatoria ha numerosi svantaggi: specie a rischio estinzione con squilibri ecologici, sofferenza negli animali, modifica degli habitat naturali e deterioramento degli ecosistemi, incidenti che coinvolgono le altre persone, bracconaggio (e conseguente perdita di specie protette), contaminazione ambientale dovuta al piombo, dissuasione del turismo, rischi per la biodiversità e l’esposizione a malattie trasmesse degli animali.
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